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Il tempo dell'integrazione

Ormai è più di un mese che vivo qui in Cambogia e solo ora posso dire (ed ammettere) di essere felice qui. Fino a poche settimane fa, preso tra i miei impegni cambogiani avvertivo sempre più forte un senso di disagio, di quasi infelicità. Non riuscivo a capire a cosa fosse dovuto ma mi ritrovavo troppo spesso a pensare al passato, ai miei cari amici, ai miei cari compagni dell'associazione ESN, a Roma, addirittura a ripensare al mio primo mese di Erasmus a Madrid a quelle bellissime emozioni e mi ritrovavo involontariamente in una sorta di confronto fra le tue esperienze e capivo che qui qualcosa non andava. Non sapevo cosa. Cominciavano a venirmi i sensi di colpa sul fatto che avrei potuto fare uno stesso tipo di stage nel settore industriale e logistico anche in Italia, in giacca e cravatta, in un ufficio fresco e pulitissimo, con belle donne, parlando in italiano invece di farlo qui in Cambogia, senza giacca e cravatta, dove l'ambiente di lavoro è caloroso per via delle alte temperature e non per la sensualità delle colleghe di lavoro, in mezzo alla polvere e al carbone, in un paese dove tu ti senti il diverso, lo straniero, il Barang, dove gli operai cambogiani ridono di te perchè nonostante non lavori duramente come loro, sudi più di loro visto la non abitudine alle alte temperature cambogiane.

Tutto questo disagio da cosa veniva?

Da un paese che in fondo non mi piace? No tutt'altro, adoro questo paese.

Da un lavoro poco interessante e stimolante? Anzi, la realtà piccola e innovativa fa in modo che possa sperimentare nuove idee, analizzare pianificare la produzione quasi come se fossi un Production Manager.
Il problema principale veniva, per una persona socievole, attiva e amante della compagnia, dall'integrazione. Semplicemente da questo. Integrazione intesa come sentirsi parte della comunità, delle sue abitudini, delle sue usanze, della sua mentalità, del suo network di amicizie cosa non facile in culture cosi diverse con l'ostacolo a volte della lingua (non tutti parlano benissimo inglese qui), integrazione non aiutata dalla poca presenza di stranieri. Quindi tutto ciò mi ha fatto capire che quel senso di disagio era dovuto a un evento nuovo per me: scoprire cosa significa realmente l'integrazione soprattutto in un paese diverso, con una cultura completamente diversa dalla nostra e differenziarla dalle esperienze precedenti dove integrarsi in una città come Madrid, con una cultura e un tipo di vita molto simile al nostro, così come più o meno in tutta Europa è qualcosa di più semplice e rapido. Questa contestualizzazione del mio disagio mi ha fatto capire che in fondo non sono io a non essermi integrato con le persone e col luogo (anzi c'ho messo il massimo impegno) ma è la particolarità e la diversità di questo posto che ne ha accentuato i tempi più lunghi (che è la normalità). Io già mi sento un po' cambogiano come loro: ho i miei amici cambogiani con cui il sabato gioco per strada con un pallone di plastica a piedi nudi (loro), mi sveglio alle 6.30 come loro, mangio sempre riso, bevo la loro birra Angkor, sorrido sempre, ho il mio amico col Tuk Tuk che mi consiglia sempre ristoranti cambogiani buoni ed economici, non rispetto le precedenze e non metto le frecce quando guido, mangio l'ananas con il sale.
Tutta questa riflessione mi ha tranquillizzato sul fatto che tutto sia nella normalità e che questo disagio sia solo frutto dei tempi diversi per sentirsi completamente integrati, per questo ora mi sento felice (realmente) e a mio agio qui soprattutto alla luce che tutti i miei comportamenti vanno in questa direzione e su questo sono fiero di me e di sentirmi un po' cambogiano. Dall'altra parte, questa riflessione e "scontro" con la realtà mi ha lasciato sicuramente un importante insegnamento che porterò con me nel mio bagaglio culturale quando si tratterà in futuro di aiutare altri (che stanno nella mia situazione di ora) ad integrarsi per esempio in Italia, dove il problema dell'integrazione è molto sentito in tutti i suoi aspetti.
Perché la vita è fatta di esperienze e capire cosa significhi realmente l'integrazione e sapersi integrare con i suoi tempi e tutte le sue difficoltà è una grande esperienza di vita.
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Mi sento fortunata

Un tweet sulla carta

Accetto il bell’invito di Giulia Sciannella (gruppo #Leucò) a scrivere un tweet “sulla carta”.

Prendo della carta, quadrettata, per contare i caratteri, spazi compresi. Prendo matita e gomma per cancellare. Sai che spreco di carta se usassi la penna… Dovrei buttare un foglio ogni volta che faccio un errore. Per non stropicciare il foglietto di continue cancellature farò di sicuro una prova in brutta copia.
Compongo.
Ma che fatica contare i caratteri! Perdo il filo, non mi concentro più sul testo, aiuto!

Molto più facile al pc: Twitter fa molta della fatica al posto nostro.
Ci segnala con evidenziatore colorato le porzioni di testo che superino i 140 caratteri; lo fa anche conteggiando all’indietro dai 140 in poi: -1, -2, -3, eccetera.
Così posso occuparmi del contenuto, il pensiero è più libero, la creatività si invola.

A lezione racconto spesso che quando scrivevo la tesi di laurea non avevo pc (bella nota sull’età).
Il procedimento era scrivere a mano, rileggere, cancellare, riscrivere.
Solo con piena sicurezza del testo si procedeva alla scrittura a macchina, da consegnare al professore.
Questi leggeva e interveniva (va da sé, a penna).
Il materiale restituito doveva essere corretto poi a macchina.
Per farlo naturalmente si riscriveva tutto dall’inizio.
Il totale era di centinaia di pagine, in concreto migliaia, contando le versioni successive.
Nulla a che fare, se non altro come quantità, con la redazione di un testo a scuola (scritto a mano).

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Trofie in veste arancione (costo: 4-5 euro)

Trofie in veste arancione (costo: 4-5 euro)

      Ingredienti per 4 persone:

  • 400 gr di trofie
  • 1 peperone arancione arrostito e privato della pellicine
  • 1 carota
  • la scorza di un'arancia
  • 1 cipolla
  • 40 gr di parmigiano
  • 80 gr di pomodorini 
  • 1 noce di burro
  • sale, olio, pepe e prezzemolo

 

Procedimento:

-Soffriggere per qualche minuto la cipolla e la carota tagliata a striscioline. Aggiungere i pomodorini.

-Nel frattempo cuocere le trofie in acqua bollente salata.

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Pagliuzze nell'arcobaleno

Tanto perché sono originale e parlo sempre di tante cose. Finalmente abbiamo un nuovo governo, la cui età media si è abbassata di due giorni rispetto ai governi precedenti. In questi giorni ha suscitato, il buon senso esiste ancora, parecchie perplessità la candidatura dell'onorevole Biancofiore alle pari opportunità. Nulla di strano anche se per una volta se ci fosse un uomo a promuovere queste benedette pari opportunità non è che farebbe un soldo di danno, anzi.

Il problema sono le sue fantastiche dichiarazioni in materia LGBT. Ve l'ho detto che sono molto originale.

 "Purtroppo qualcuno nasce con una natura diversa, tra l'altro una natura che non ti fa avere una vita facile"

Sembra riprendere Freud laddove, rispondendo ad una madre americana che chiedeva se l'omosessualità fosse curabile, diceva di no, sebbene non fosse un comportamento vantaggioso socialmente (chissà perché!).
Stessa caratura culturale. Peccato che la vita gliela rendono difficile una serie di persone che per essere uomini devono essere almeno in cinque per picchiarne uno. Strano visto che in genere questi futuri nobel per la pace ritengono certi individui non uomini, ma donne mancate. E qui veniamo ad un altro punto. E' mia convinzione credere che chi discrimina gli omosessuali (le lesbiche non esistono di per se stesse, sono un mezzo per favorire il desiderio del vir minchionis) , non abbia una grande idea del genere femminile. Le caratteristiche di un omosessuale non possono essere riconducibili a loro, questo manderebbe in tilt la loro virilità, e dunque sono le medesime di una donna (Cambio di genere del nome, e poi in generale l'appellativo di prostituta, per fare due esempi) e associandoli ad una posizione di sottomissione alla loro virilità. Questo modo di vedere le cose, se avallate, legittima una supremazia basata solo da ciò che si ha in mezzo alle gambe, che non è garante di civiltà quanto potrebbe esserlo una istruzione superiore, o, più in generale, di una cultura tollerante che favorisce l'integrazione.

Fidatevi di me, l'uomo ha due grandi organi, cervello e pene, fantastici. Ma il nostro problema è il sangue: non ce n'è abbastanza per tenerli accesi tutti e due contemporaneamente.

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Di & e nuovi aggregatori (Che carattere!)

& è interessante per Scritture Brevi.
Chiamarla “E commerciale“, come è per l’italiano, è prosastico e ci racconta della sua fortuna nel mondo (&sons, &Co.).

Nulla a che vedere però col nome inglese “ampersand“, evocativo della originaria funzione di segnale della autonomia semantica di alcune lettere dell’alfabeto, che erano come tali accompagnate dalla “nota” in quanto “and per se and”: una specie di “vale di per sé ed anche come…”.

E’ singolare che il valore di “congiunzione” et/and/e > & infine conquistato sia perduto, ad esempio, nel contesto di Twitter. Usare l’hashtag per segnalare un nesso unito da comporta che soltanto il primo elemento sia “catturato”. Me lo faceva notare Antonio Prenna.

Per parte mia avevo già verificato che la stessa cosa accade per il trattino -

Naturale è che lo “spazio” divida. Usare “#scritture brevi” selezionerà #scritture e non “#scritturebrevi”.

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Happy birthday www (Che carattere!)

Ed oggi si festeggiano i vent’anni dalla nascita del World Wide Web in pubblico dominio.
Leggiamo qui un bell’excursus di Gabriele De Palma sul “dono di Berners-Lee al mondo”.
Parlare dell’universo digitale è emozionante. La porta del mondo aperta a tutti. Una janua linguarum che realizza finalmente la comunità globale.

Interessante pure la piccola storia delle molteplici versioni grafiche dell’etichetta.
World Wide Web – WorldWideWeb – WWW
Un progetto, tante scritture: inimitabili.
Ancora e sempre, Scritture Brevi, il mezzo e il fine. Che carattere!

Francesca Chiusaroli, Scritture Brevi (#scritturebrevi, www.scritturebrevi.it)
30 aprile 2013

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Di Qwerty e altre tastiere

Una notizia per Scritture Brevi è la presentazione di una nuova tastiera (tastiera di nuova generazione) ergonomica, pensata per l’attività su schermo touch. Si chiamerà Kalq (analogamente a Qwerty) dal nome ricavato dalla sequenza di lettere posizionate in una serie di tasti vicini (principio onomastico simile è alla base di un termine come “abbecedario”, ad esempio).

Ne leggiamo negli interessanti interventi di Martina PennisiCorriere della Sera, e di Luca Castelli,La Stampa.

La tastiera andrà, in tali contesti della digitazione “touch”, a sostituire quella classica che, dal 1873, configura la collocazione dei tasti nelle macchine per scrivere

La notorietà, in particolare del nome – Qwerty – è legata all’impiego, recente, per definire “la tastiera di una specie di telefono cellulare” e poi, per metonimia, “una specie di telefono cellulare”, dotato di un numero di tasti equivalente alle lettere dell’alfabeto, e dei relativi numerali e segni speciali, trasformando quello che era uno strumento per telefonare gradualmente in un pc “tascabile” (oggi lo è in effetti).

Tornando alla neo-nata Kalq, il principio portato avanti dal gruppo dei ricercatori coinvolti è che la pratica della scrittura sui nuovi dispositivi abbia modificato le nostre abitudini inducendo una scrittura con i due pollici (e ahi!, per coloro che come me usassero gli indici).

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Il migliore

“Facebook è concavo, Twitter è convesso. Sul primo si sta insieme, si passa il tempo, ci si scambiano foto; il secondo invece è contemporaneo, è appuntito. Su Twitter lanci frecce, su Facebook dei paracadute. Facebook è un bel giardino chiuso, è perfetto per il mio papà che a 78 anni ha ritrovato così un contatto quotidiano con i nipoti e gli amici di una vita; Twitter invece è una città aperta. Qui hai la sensazione di essere un media mondiale e con la tua pallottola da 140 caratteri teoricamente puoi colpire chiunque ed essere raggiunto da chiunque. Ha una potenza gigantesca.” (Jovanotti, intervista a Repubblica, 26.11.2011)

Che bella (da conservare!) l’immagine con cui Jovanotti spiegava la differenza tra Facebook e Twitter (grazie Margherita!).
Da una parte il giardino, florido e accogliente. Il luogo dell’amicizia, delle relazioni strette (a volte “complicate”) e familiari.
Dall’altra, la collina (la montagna?), da cui si parla, o si guarda, al mondo.
Tutta un’altra prospettiva!
E chi non ama i luoghi troppo angusti, ed è curioso e ama spaziare, è immediatamente conquistato.

Facebook insegna a raccontare, esprimere, comunicare (non per niente chiede: “A cosa stai pensando?”), e insegna ad avere cura (ad esempio ricorda i “Compleanni”).

Per lo più Twitter insegna a “seguire”, che equivale ad ascoltare, ovvero a leggere.
Ma poi insegna anche a scrivere.

Due giorni fa Beppe Severgnini ci ha parlato di Twitter come disciplina per la bella brevità.
Molti che seguono Scritture Brevi staranno ora leggendo il suo “Italiani di domani”, ed ecco: “Twitter è un sondaggio istantaneo, una gioia, un circo, un seminario, uno sfogo, un malumore, un modo di capire dove soffia lo spirito del tempo. Un tweet è un soffio d’aria fresca nelle stanze del cervello. Twitter non è un’alternativa ad altre forme di espressione. È uno strumento nuovo. Un decespugliatore del pensiero…”.
Non potremo dimenticare queste immagini.

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Polpette chic (costo: 3 €)

Polpette chic (costo: 3 €)

 Ingredienti per 4 persone:

  • 2 uova
  • 50 gr di parmigiano
  • una zucchina
  • pangrattato, sale e pepe
  • mollica di pane raffermo
  • 1/2 bicchiere di latte
  • una ventina di spaghetti già cotti 

 

Procedimento:

-Tagliare la zucchina a striscioline sottilissime non troppo lunghe.

-Preparare un composto col pane, la zucchina, il parmigiano e il latte.

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Ritorno alle origini... CVD

Dopo i primi due post sulle #scritturebrevi in francese (vista la mia permanenza oltralpe - cliccate qui e qui), torno alle origini. Dopotutto l'Italia ci piace, no?

Non so per quale motivo mi è venuto in mente l'acronimo "CVD" in italiano... non è per via di una passione per la matematica, ma ho avuto il flash nella mia testa. Viste la mia scarsa cultura scientifico-matematica, chiedo aiuto a Wikipedia per quanto riguarda la spiegazione di base dell''acronimo "CVD": (cito) "è una polirematica che viene posta abitualmente al termine di una dimostrazione matematica, per segnalare che la validità di un teorema è stata definitivamente dimostrata".

Ma a noi non interessa la parte scientifico-matematica (anche perché non saprei come argomentare), quindi andiamo alla sezione che prevede come sia diventata "un modo di dire della lingua italiana": "La diffusione di Come volevasi dimostrare nella pratica scolastica ha determinato il suo successo nell'italiano parlato, e nel lessico giornalistico, dove l'espressione viene usata in senso parodico, per sottolineare ironicamente, a posteriori, la prevedibilità di un determinato fatto o la veridicità di un'affermazione cui altri non volevano credere."

Mi viene in mente una domanda: se facessimo un sondaggio, quante parlanti italiani utilizzerebbero realmente questo acronimo? Forse il mio 'entusiasmo' all'inizio del post è un po' scemato... ma si tratta in ogni caso di un contributo al progetto #scritturebrevi...

N.B. vista sempre la mia permanenza oltralpe... Wikipedia fornisce anche una tabella con le (eventuali) equivalenti traduzioni di CVD nelle altre lingue e ce n'è una per il francese... CQFD = ce qu'il fallait démontrer... ora, stiamo a vedere quanti francesi usano quest'acronimo nella lingua corrente...

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