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La corsa al Quirinale - Sfera Pubblica

Condivido un'articolo molto bello di una mia amica, 

"Governare a chi non è chiaro viene da greco kubernao, che letteralmente significa “reggere il timone”, una metafora meravigliosa oltraggiata da un fare politica scorretto."

http://www.sferapubblica.it/sfere-le-opinioni/la-corsa-al-quirinale/#.UXEF96IwqYV

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Message in a Bottle: vetro infrangibile

Quasi trenta anni per raggiungere la Croazia, partendo dal Canada. Traffico? No, la volontà del mare. Un messaggio in una bottiglia: che cosa affascinante. Affidare un proprio pensiero al mare perché lo trasporti lontano, tra tempeste, onde anomale, navi. E arrivare a destinazione, dal proprio amato/a, che tutti i giorni si reca sulla spiaggia in attesa del vostro scritto, e comunicargli il vostro pensiero:" Stasera pizza?"

No, decisamente poco affidabile come mezzo di comunicazione. Voi che scrivereste se doveste mandare un messaggio in bottiglia? Perché  il problema è che non si ha tanto spazio, non si può certo inviare l'Odissea.

Tendiamo sempre ad idealizzare le cose, ad esempio la foto nell'articolo mostra una bottiglia perfettamente pulita, con un messaggio scritto su pergamena e legato da una fascetta chic. La realtà è che la ragazza l'ha ritrovato tra la sporcizia portata dal mare sulla spiaggia. Pensate a cosa c'era rimasto di pulito.

Il messaggio potrebbe anche essere incomprensibile, e sopratutto per nulla tempestivo. Un esempio: Posso scrivere "Ti ho taggato nella foto x, vai a vedere!" se poi a leggerlo è una persona che fra venti anni  non saprà neanche che cosa sia Facebook? Il mito stesso del naufrago che chiede aiuto è una palla: cosa chiedi aiuto se non puoi avere una risposta subito? Tra l'altro ora siamo perennemente geolocalizzati, quindi l'esperienza del naufragio sarà riconducibile a quella di una gita fuori porta.

Eppure c'è anche un altro caso. Pensate anche ad una scrittura sgrammaticata, tipo la mia. Una persona scrive:" o mangiato una mela, mi a fatto male, aiuto sto muorendo. Se potresti, mi passi l' aqua? Quella del mare non e buona. E una kosa troppo meglio questo messaggio nella bottiglia. " Etc. E magari passeranno anni, lustri, decadi, centurie. Il processo della scrittura, nel frattempo, trasformerà questi errori che diventeranno tollerabili, e anzi, auspicabili; e così il destinatario capirà perfettamente il messaggio. Ma manca sempre la tempestività. Infatti quella persona sarà morta e sepolta. Strangolata da un insegnate di italiano.

Commenti recenti
Pamela De Ioris
Sin da bambina mi ha sempre affascinato l'idea di trovare in riva al mare una bottiglia contenente un messaggio. E voglio confessa... Leggi tutto
Venerdì, 19 Aprile 2013 10:50
Alessio Martorelli
Secondo me c'è una piovra negli abbissi che le raccoglie e ci fa best seller in fondo al mar. Avrai contribuito a farle vincere il... Leggi tutto
Venerdì, 19 Aprile 2013 10:57
Alessio Martorelli
*abissi
Venerdì, 19 Aprile 2013 10:58
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Intervista a Simona, specialista di colloqui di lavoro in azienda!

(da www.ilvinoeleviole.it, intervista di Petra)

 

Buongiorno Simona, grazie per aver accettato di partecipare a questa intervista. Sarà utile ai lettori de il Vino e le Viole per capire meglio il lavoro del selezionatore del personale. Prima di iniziare, una domanda sul tuo stato d’animo: come ti senti all’idea di essere intervistata?

Direi innanzitutto “onorata” di essere stata scelta e poi curiosa di vedere cosa uscirà fuori.

Bene! Iniziamo!

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SMART WOMEN ITALY A ROMA: INNOVAZIONE, GENERE, TECNOLOGIE.

(Da un post di Helios su www.ilvinoeleviole.it)

Sono andata con Petra allo Smart Women Italy di Roma, evento organizzato dalle Girls Geek Dinners Bologna (in partnership con il gruppo di Roma) per promuovere la diffusione della cultura digitale in Italia attraverso le donne.

Perché attraverso le donne? Perché le donne sono abituate a fare network, e poi perché attraverso loro passa l’educazione delle nuove generazioni. Le tecnologie digitali, inoltre, rappresentano un’enorme opportunità, poiché attraverso il web, è possibile inventare nuovi lavori e nuovi modi di lavorare: la rete orizzontale di internet consente di scavalcare le gerarchie dei poteri consolidati. Non esiste più “io conosco quello che conosce quell’altro”; esistono invece dei luoghi virtuali in cui creare contatti indipendentemente dal proprio nome e dai propri “agganci”. Da questo punto di vista, le normali gerarchie di potere vengono ribaltate, e si aprono spazi del tutto inediti e inesplorati per nuove forze imprenditoriali. Non sarà certo un caso se le startup più innovative nascono sul web e sono fondate prevalentemente da giovani e donne (“categorie” normalmente escluse dai grandi consessi economici e politici).

Il web, però, crea anche possibilità di tipo nuovo per l’organizzazione dei ritmi di lavoro. Svincolando il concetto del lavoro produttivo da quello di una sede fissa fisica in cui svolgerlo, il web fa lavorare anche chi nei luoghi di lavoro si è sempre sentito solo un’ospite, oppure chi ha la necessità di conciliare cure familiari e lavoro e si ritrova impossibilitato a far carriera perché, magari, non può garantire dodici ore di presenza in ufficio.

La possibilità di rendere flessibili ed elastici i propri ritmi di lavoro, però, si scontra con un enorme rischio: l’isolamento. Proprio per evitare che il lavoro indipendente o da casa si trasformi in una nuova e rischiosa “casalinghità tecnologica” (il fantasioso termine è mio), queste donne propongono di fare rete, di entrare in contatto, in relazione, intrecciare esperienze e rapporti di lavoro per creare un network forte e strutturato. Da questo punto di vista, io credo che la rete debba essere “responsabile”, avere cioè una funzione programmatica forte: aiutare le energie a circolare – sì –  ma anche e soprattutto agire da collante tra i soggetti di questa rivoluzione, in modo che nessuna resti isolata e che le energie di tutte possano convogliare in una forte spinta al cambiamento.

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Bivio PD: rinnovamento all'acqua di rosa

Sono diversi mesi ormai che il pd cerca di cavalcare l'onda del “rinnovamento” del partito, strizzando l'occhio al movimento 5 stelle e menandocelo in tutti i modi possibili, con risultati più o meno apprezzabili: dalle bellissime primarie alle “buffonarie” (Grillo dixit), dall'elezione di Pietro Grasso, alla ben più apprezzabile elezione alla camera della Boldrini; per gli 8 punti del programma meglio stendere un velo pietoso e passare oltre.

Un percorso di rinnovamento fatto di alti e bassi per il pd, cambiare nelle apparenze e non nella sostanza. Ora, dopo il palo in faccia preso da Bersani dal movimento 5 stelle fino ad oggi le alternative erano due: o il “mega inciucio” con il nemico di sempre B. oppure le elezioni anticipate. Naturalmente questo “non voler mollare la poltrona che si è appena occupata” ha portato essenzialmente alla “reniunion” con Berlusconi.

Sempre appostato dietro un angolo come il gufo del malaugurio, pronto ad intervenire, terrorizzato da una possibile alleanza pd-5stelle che lo manderebbe in pensione prima del tempo: ovvero prima di aver compiuto il centoundicesimo compleanno. Un' idea ben più spaventevole se a questa si aggiunge il terrore dei processimo imminenti, ai quali ovviamente vorrebbe presiedere di persona, addirittura, ma ai quali purtroppo, per i suoi molteplici impegni politici e…calcistici, ne è leggittimamente impedito.

(Vorrei che qualcuno mi spiegasse perchè continuano a chiamarlo “presidente”, presidente di che, del Milan?).

 
 

Ieri sera però, Grillo sembra aver teso una mano inaspettata a Bersani: ”Voti Gabanelli [...] potrebbe essere il primo passo per trovare una convergenza“. E qualora la giornalista di Report, che comunque non ha ancora dato la sua disponibilità, non dovesse andar bene, Grillo apre la possibilità Rodotà: “Deve essere votato, è un nome spendibile per la sinistra”.

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Chi va piano va sano e lontano, ovvero: @ (Che carattere!)

Ecco mi arriva da @atrapurpurea (la cito e la ringrazio per questo! e sempre citare le fonti, per correttezza) la notizia dell’acquisizione da parte del MoMA del simbolo della chiocciola – @
Dedicare un post alla chiocciola in questo blog è atto dovuto e da tempo ci pensavo, se non fosse che molti ne hanno scritto e bene. Questa notizia è per me l’occasione.

Leggiamo su LSWN.it una sintesi della sua storia, che ci rammenta la lunga e molte volte rinnovata esistenza: oggi nella lingua della rete (dopo il 1971), poi all’indietro, nelle tastiere come simbolo commerciale e, da ultimo, nella pratica medioevale dell’abbreviazione della preposizione ad (e qui citerò noi: Scritture Brevi di ieri, Chiusaroli&Zanzotto).

Voglio aggiungere all’excursus l’impiego attuale, lanciato da Twitter, come segno identificativo dell’etichetta “destinatario”, tale da trovarsi esportato, con questo senso, in contesti in cui esso non ha valenza operativa (es. in Facebook e vale anche per l’hashtag) ma solo “indicativa”.
L’importanza della proprietà significante del segno nelle scritture brevi si pone inoltre alla base dell’impiego di @ al posto della lettera “a”, ad esempio nei nickname e soprattutto nelle password, per le esigenze della sicurezza, e per la cripticità, per sfuggire alla censura.
Nell’italiano se ne segnala l’occorrenza al posto delle desinenze di genere -o/-a negli indirizzi plurali collettivi (Car@ Colleg@) (ne abbiamo parlato con Enrica).
Ancora riferito alla forma è infine l’utilizzo per disegnare una rosa (adagiata), da inserire nelle lettere d’amore dell’era digitale: –’-@ (sui nuovi scenari delle #scritturebrevi d’#amore abbiamo appena letto Francesco Longo e che bello sarebbe trovare la chiocciola/rosa in Tweet di un discorso amoroso di Roberto Cotroneo…).

E’ il caso di dire: @ (Che carattere!): è la nostra più famosa lumachina e va lontano.

Francesca Chiusaroli, da "Che carattere!", www.scritturebrevi.it, il blog di Scritture Brevi
13 aprile 2013

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Essere (non) materialisti

Nella bellissima esperienza che sto vivendo qui in Cambogia, tra le tante scoperte quotidiane durante queste settimane mi sono dovuto scontrare con una realtà che nella mia vita non avevo mai incontrato: subire un furto. Mi spiego meglio: mi hanno rubato il motorino che avevo comprato (qui costano poche centinaia di dollari) per muovermi più facilmente nella capitale e per andare al lavoro. Quindi una cosa utile, quasi necessaria per una città come Phnom Penh. Erano andato a cenare in una specie di ristorante e avevo lasciato il motorino proprio davanti al locale per poi farmi una passeggiata tranquilla lungo il fiume Mekong. Tempo 30 minuti che il mio motorino non c'era più. Non sto scrivendo questo post per lamentarmi, anzi. Ne assolutamente per etichettare i cambogiani come ladri, tutt'altro. Sono cose che succedono in tutti i posti del mondo, sia al primo che al terzo mondo. Qui probabilmente l'hanno rubato perchè mi avranno visto "Barang" (è il termine con cui i cambogiani chiamano gli stranieri che vivono in Cambogia) ed essendo a breve il capodanno Cambogiano, hanno bisogno di soldi per fare i regali alla propria famiglia, tradizione del capodanno. Quindi hanno pensato bene di finanziare tali regali attraverso il mio utile motorino.

La sensazione che ho provato è difficile da descrivere. Rosicavo per il furto, per i soldi persi, per ritrovarmi senza mezzo per andare a lavoro ma soprattutto perchè mi resi conto che era la prima volta che subivo un furto. In tutta la mia vita non mi hanno mai derubato, ne subito un furto, non ho nemmeno mai perso le chiavi di casa o il cellulare. Solo una volta mentre ero all'ultimo piano dell'Empire State Building per ammirare la vista di New York di notte, mi accorsi di aver perso il mio portafoglio e convinto che me lo avessero rubato andai subito dalla sicurezza dell'Empire e dopo 15 minuti di attesa me lo ritrovarono dicendomi che qualcuno lo aveva trovato per terra sulla terrazza. Inaspettatamente c'erano ancora tutti i soldi e carte di credito. Dopo quella botta di gran fortuna ero sempre più convinto che ero "predestinato" a salvarmi dai furti.
Ed ecco che a distanza di un po' di anni mi sono ritrovato a pensare che è brutto subire un furto ma soprattutto mi sono sentito materialista. Troppo. Come se quel motorino non potesse appartenere a nessun altro che a me e che fosse un oltraggio avermelo rubato. Ma dopo una sola notte con questi pensieri "materialistici" uscendo di casa per andare a lavoro (pagando un motodriver) e muovendomi per la periferia di Phnom Penh dove si può vedere e capire la povertà, mi sono odiato per i pensieri notturni e ho capito che al giorno d'oggi essere materialista è più che altro una "malattia" di noi occidentali, legati al consumismo e al possedere cose. Facendo questi pensieri ho ripensato al bellissimo film Fight Club che trasmette anche questo tipo di messaggio.
E proprio attraversando la città che ho sorriso al mondo, a me stesso, agli altri (come sanno fare benissimo i cambogiani), ho messo subito da parte i miei pensieri materialistici, ho dimenticato il "rosicamento" e mi sono messo a pensare al lato positivo di questo furto: ai bambini poveri della periferia felici e sorridenti al ricevere il loro semplicissimo regalo di capodanno che desideravano tanto, comprato dal loro papà, grazie alla vendita del mio motorino.
Forse non sarà andata veramente così ma mi piace credere a questa storia.
Grazie ancora Cambogia. Anche quando subisco un furto, indirettamente mi regala un insegnamento di vita.
 
Addio Isaia il materialista.
Addio mio caro motorino.
Recente commento in questo post
Pamela De Ioris
Ma come diavolo fai a vedere il lato positivo di ogni cosa?? A volte vorrei essere te.... Leggi tutto
Venerdì, 19 Aprile 2013 10:22
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Only a smile

Sono pochi giorni che mi trovo a Phnom Penh, la capitale della Cambogia e girando per la città posso già riflettere su vari aspetti della vita cambogiana che mi hanno colpito. E' difficile descrivere il tutto in un post, dovreste venire qui per capirlo. Qui tra un caldo torrido di 40 gradi, un ricco cambogiano corrotto che va in giro col suo SUV, una povera donna che chiede l'elemosina al mercato, una bella prostituta del locale che ti si butta addosso manco fossi Brad Pitt, un ragazzo che ti chiede se ti serve un passaggio in motorino per meno di un dollaro, la vita cambogiana va avanti con un incredibile equilibrio nonostante la povertà, le disuguaglianze.Tutto continua come se la miseria non esistesse o comunque se non fosse un male, come se facesse parte della loro vita. Non posso descrivervi la Cambogia dopo solo tre giorni, non voglio ne posso permettermelo, peccherei di arroganza ma quello che più mi ha colpito di questo paese è il sorriso dei cambogiani. Tutti i cambogiani ti sorridono: il ricco, il poliziotto, il mendicante, la signora che cucina per strada, il guidatore del tuk tuk, la vecchia senza denti, la bambina che dorme su un cartone per strada. Tutti i cambogiani soprattutto quelli che non hanno nulla ti fanno il loro regalo più grande: il loro sorriso. Un sorriso bello, vero, profondo, contagioso che se già domani tornassi domani sarebbe il ricordo più bello e vero della Cambogia.

E quindi mi fermo e mi domando: ma noi italiani quante volte sorridiamo? Non ci si può discutere dietro le "scuse" della crisi, l'economia, i soldi, i pensieri perchè la prima risposta sarebbe: i cambogiani che dovrebbero fare allora? Piangere tutto il tempo?
Sorridiamo di più durante la nostra giornata, al lavoro, all'università, nel traffico. Sembriamo sempre arrabbiati con tutti e contro il mondo ma gli altri che ci hanno fatto? Nulla! Ma se una persona mangia vicino a noi nemmeno un sorriso mentre qui in Cambogia puoi mangiare insieme a sconosciuti e un sorriso non è negato a nessuno, nessuno ripeto. Quante volte mi sono ritrovato all'università con gente che magari conosci o ci hai parlato ma poi quando ti rivede non ti degna nemmeno di un saluto. Io ho sempre mandato un sorriso, gratuito e semplice, a volte senza essere ricambiato. Non lo dico con rancore, anzi. Ma vivendo qui penso che un sorriso in più possa solo fare bene e ci faccia dimenticare per un semplice secondo i nostri problemi (quali problemi rispetto alla miseria che a volte, non sempre, vedo qui).
Iniziamo a farlo tutti: nella nostra quotidianità, con gli sconosciuti, in mezzo al traffico. Non costa nulla. Provateci.
E se proprio non ci riuscite, venite qui in Cambogia e cambierete subito idea. 
Parola di un sorridente convinto.
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Non parteciperò (Che carattere!)

Ritengo che non vi sia scrittura breve meno social.
Il “Non mi piace più” è frutto di un ripensamento, fa immaginare un percorso mentale, dal sì al no, un’evoluzione, seppure in senso negativo.
“Non parteciperò” è come un processo senza appello, peggio ancora, una condanna senza processo. L’alternativa a disposizione è “Forse”, ma suona supponente.
Mille motivi possono esistere per un’assenza, ma perché liquidare l’invito di un amico con uno sbrigativo “Non parteciperò”?
Non si potrebbe pensare a un “Vorrei ma non posso”? Il luogo della condivisione ne gioverebbe.

P.S. Consideriamo le corrispondenze inglesi: “Join”, “Maybe”, “Decline”. Forse sono meno aspre
(To be continued)

Francesca Chiusaroli, dalla rubrica "Che carattere!", www.scritturebrevi.it, il blog di Scritture Brevi
11 aprile 2013

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Ed ora #OuTwiPo

“Un labirinto è un edificio costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine”
Dal labirinto (mezzo e fine) di Borges traggo lo spunto per salutare l’avvio di #OuTwiPo.
Nasce oggi questo bellissimo hashtag di Claudia Vago (@tigella):
La fine è nata
Mette insieme il ricordo di un gioco di noi ragazzini, quando “ciascuno prendeva un foglio, scriveva una riga di storia, piegava il foglio e lo passava alla persona successiva, che scriveva una riga, piegava e passava il foglio a sua volta… alla fine i fogli venivano aperti e si leggeva la storia. Sconclusionata, di solito”.
Aggiunge il richiamo all’OuLiPo di Queneau.
Invita i cinguettanti creativi a un’opera collettiva.
Ed ecco iniziata una nuova avventura.

“L’idea è quella di raccontare una storia partendo dalla sua fine. Ciascuno aggiunge, con un tweet, il pezzo che precede quello screenshottato e incluso come immagine nel tweet e aggiungendo l’hashtag #OuTwiPo [...] chi scrive il pezzo precedente di una storia che già esiste può dare a quella storia tutto un altro senso. Inoltre, immaginando che siano in tanti a partecipare, più persone possono scrivere frammenti della stessa storia, creando diramazioni continue. Alla fine non avremo una storia, ma decine, centinaia e ciascuna completamente diversa da tutte le altre, con un solo punto in comune: la fine.”

#scritturebrevi non poteva mancare.
Tanto più non poteva mancare in quanto le molteplici diramazioni del labirinto si potranno seguire in tempo reale nella rappresentazione ad albero di Pearltree: una spettacolare figura di #scritturebrevi in movimento.

Contenta di avere incrociato Claudia, voglio augurare buona strada a #OuTwiPo.
Seguirò con la passione invadente dell’hashtag #scritturebrevi. Entrerò nel labirinto e percorrerò i suoi sentieri, i vicoli, le strade senza uscita, le infinite vie della creazione che sono, come sempre, vie per la conoscenza.
Anche stavolta, come #leucò, il mezzo e il fine si incontrano. Anche stavolta ne saremo arricchiti.

Dimenticavo: qual è la fine? #FF #OuTwiPo

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