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Ma quanto mi ami? #lamoreaitempideltwitter

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Segnalo la notizia di una nuova app “CrashAlert” che ci avvisa della presenza di un ostacolo mentre siamo intenti a messaggiare.

Si sa che oramai trascorriamo molto tempo con il capo chino sul dispositivo mobile e l’introduzione di una app del genere può facilmente destare scalpore (o anche scandalo), ma sicuramente risulta concepibile per i cosiddetti addicted della pratica del texting con dispositivo mobile.

Le tastiere touch hanno fatalmente – almeno questa è la mia esperienza – “rallentato” la pratica consueta, vuoi per la dimensione dei dispositivi, vuoi per la difficoltosa visualizzazione con schermo retroilluminato, vuoi per la problematica questione di impegnare una sola mano nell’opera di reggere il telefono e di scrivere (risultato è che spesso entrambe le mani risultano impegnate).

La massima difficoltà ritengo sia infine costituita dall’attenzione necessaria a sfuggire a certe invadenze del correttore automatico, spesso fondamentale nel ricostruire il nostro testo (ma come fa, poi), ma spesso altrettanto capace di rifilarci soluzioni improbabili. Coloro che combattono con lo “Sto arrivando!” prodotto da un innocuo “sa” possono capire…

Del resto l’irruente ritmo imposto dalla comunicazione attraverso la messaggistica istantanea determina un’imperativa urgenza dell’azione di scrivere o rispondere.
Non tolleriamo e in certi casi non è tollerata una non risposta immediata. Dunque eccoci spesso a camminare a testa bassa col rischio di urtare ostacoli, mentre ci muoviamo messaggiando.

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Avatar (la mia esperienza in Second Life)

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Grazie all’invito di @Imparafacile lo scorso giovedì ho partecipato a una trasmissione in Second Life (SL): Gate24-Prove pratiche di futuro (qui il sito).

Oltre a ricevere un avatar tutto mio (lo considero un regalo avermi resa come volevo), è stata per me un’esperienza interessante per Scritture Brevi, il mezzo e il fine.

Ho avuto un’occasione per parlare della ricerca, del tema e del blog, ma si è trattato anche di un esperimento che mette in campo il carattere pluridimensionale annesso alla nostra nozione discritture brevi.

Il trasferimento del me fisico (corpo e voce) alla dimensione oltre lo schermo è una possibilità concessa da un’operazione di sintesi e riproduzione mediata dal computer.
Parlare di mondo virtuale è termine obsoleto, ormai decisamente generico, per rappresentare ciò che è evidentemente un prodotto di integrazione, ingrandimento, incorporazione, aumento, poiché non vi è soluzione di continuità tra il me da una parte e dall’altra dello schermo.

Sono stata in un’isola incontrando persone che contemporaneamente potevano essere con altre persone (come io ero con Ilaria), e questo allargava ancora la rete.
Ho anche incontrato amicizie di Twitter e chissà quando potremo vederci di nuovo.
La contemporanea diretta streaming aveva coinvolto partecipanti non registrati in SL. I loro contributi potevano arrivare attraverso la relativa chat e in questo modo non risultavano estranei, ma ancora integrati per effetto del sistema inclusivo.
Domande, interventi, commenti, esperimenti: quando si parlava di valore semantico del corpo consonantico delle parole ecco arrivare messaggi senza vocali; ugualmente parlando degli smile alla moda, li ritrovavo riprodotti, bello!
Poi, chi metteva link, chi postava foto; alcune slide erano proiettate in power point ed io mi impegnavo a descriverle per coloro che non fossero nella versione via video.
C’era anche chi era collegato con me solo via Twitter, ma era ancora un’espansione delle interazioni, una occasione altrimenti irrealizzabile.

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La deriva della creazione

Impressiona la rapidità con cui un hashtag che invita alla scrittura conquista gli utenti di Twitter. In pochi minuti molti testi sono prodotti e prendono a girare, allargando rapidamente la cerchia dei lettori e degli scrittori: un happening.
Ieri è stato il caso di #cappottinorosso, prima era stato per #1libroin1twit – e naturalmente, con gradi diversi di impegno e di durata, #lunafalò e #leucò (e bisogna dire che anche #scritturebrevi sta dando luogo ad una bella collezione di microstorie, individuali e collettive, e anche a paratesti e commenti).

Il processo può facilmente comportare modifiche inattese di direzione e composizioni da connessioni impreviste, segno dell’infinita corrente della riscrittura.
Per #cappottinorosso vi è anche da segnalare l’interessante effetto divisivo generato dall’ambiguità semantica della terminologia legata all’orrore, elemento che mette in evidenza la centralità della lettura (interpretazione).

La struttura a rete di Twitter, particolarmente per le relazioni non coincidenti di following e follower di ciascun utente (non vi è una comunità unica ma sono tanti microuniversi diversamente interrelati), comporta l’espansione non lineare, incrociata, contaminazioni e ritagli, completamenti e intersezioni, reinterpretazioni eventualmente non più dalla prima fonte, ma dalla più recente, o intermedia, una deriva della creazione.

Carattere peculiare dell’hashtag come strumento è di declinarsi ormai non soltanto come “argomento” (il topic ) ma anche come occasione esegetica (comment), poiché l’”aggancio” all’evento compositivo spesso si concretizza sul piano della “annotazione” meta-testuale, di una riflessione sull’operazione complessiva o sulla singola esecuzione.

L’abbinamento tra mezzo social e scrittura creativa favorisce l’istituzione di legami interni ed esterni ai testi e testualità nuove.
Sul piano dei linguaggi e del dibattito sui linguaggi (rispondendo a una sollecitazione di Isolaria Pacifico) è interessante seguire tali sentieri della scrittura e della lettura (“scritture brevi” fa questo) recuperando trafile, ricomponendo nessi, osservando insomma nel processo letterario un’espressione particolare dell’interazione, e il farsi continuo della lingua.

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L'amore cambogiano

Lo so.
Parlo di tutto e di più ma alla fine, direte voi, un post sull'amore (indirettamente) ce lo metto sempre.
Ebbene sì. Stavolta vorrei parlare e spiegarvi le relazioni d'amore cambogiane.
In generale le ragazze cambogiane si sposano presto, già ai 20 anni. Esistono ancora i matrimoni combinati ma stanno scomparendo (per fortuna). Quando un ragazzo "sceglie" una ragazza deve pagare la famiglia. Quanto deve pagare? Questo dipende da due fattori: la ricchezza della famiglia e la bellezza della ragazza; dove il primo fattore è il più importante. Così che se io volessi sposarmi una bellissima e ricca ragazza cambogiana posso arrivare a pagare fino a 3000 dollari (magari la mia fonte non è molto attendibile ma sicuramente si parla di migliaia di dollari). Quindi l'affare (forse) si fa trovando la ragazze bellissima povera o per i più temerari (e amanti della simpatia) bruttina e povera. Scherzi a parte, proprio per questo alto costo, al matrimonio gli invitati lasciano una busta con i soldi agli sposi (come si fa ancora al sud Italia) e le cifre sono consistenti proprio per poter recuperare questa cifra e garantire il costo magari della prima casa. Il problema è che se un cambogiano ripudia la propria moglie, nessun'altro (tranne rare eccezioni) la potrà risposare, per tradizione. Forse proprio per questo le cambogiane si dice siano le mogli "perfette": ti accudiscono, ti coccolano, ti puliscono, ti fanno la spesa, diciamo sono il nostro zerbino. A me non piacciono le donne così ma quando ho avuto la febbre per 3 giorni mi sono proprio pentito di non essermi fatto una fidanzata cambogiana che mi facesse pure da infermiera. Quindi con questo comportamento cercano di tenersi stretto il marito, oltre a una buona dose di gelosia e possessività (provata in più di una occasione in prima persona). Nonostante questo, le donne (quasi tutte) non hanno un ruolo passivo nella società cambogiana: molte di loro lavorano nonostante i figli, il marito e la casa da accudire. Così che molte delle ripudiate si arrangiano lavorando nei numerosi bar turistici, arrivando (come già immaginate) a prostituirsi. Qui si arriva a una piccola ma importante differenza: c'è la donna che si prostituisce solo per i soldi e avere una buona entrata per i propri figli e avere una indipendenza mentre dall'altra parte c'è la donna che cerca nella prostituzione il suo "fidanzato" straniero nella speranza che oltre a pagare le prime prestazioni sessuali poi se la sposi e la "salvi". Ogni volta che parlo con una ragazza cambogiana e le dico (per scherzo) che vivrò qua per anni, lei cambia atteggiamento, diventa più interessata. E si capisce subito il suo pensiero: non me lo devo far scappare.
Così che sorvolando sulla questione "prostituzione", ogni volta che incontro stranieri con la loro fidanzata  o sposa cambogiana passeggiare per strada, convivere insieme, aprire un bar insieme (storia vera di un francese) mi faccio due domande. La prima è relativa all'uomo: perchè la maggior parte di questi stranieri sono anziani (dai 40-50 anni in su) e abbastanza ricchi? La risposta è  facile e semplice: c'è chi lasciato dalla moglie o stufo di lei, viene qui nel sud est asiatico di una moglie più giovane, che rompa di meno che lo faccia sentire ancora giovane godendosi la vita essendo il costo della vita minore che nei paesi occidentali e finiscono che si innamorino (forse) alla fine. O addirittura sono quarantenni se non trentenni (ma sono la minoranza) abbastanza brutti che stufi di stare (ahimè) sempre con ragazze bruttine decidono di darsi finalmente una seconda chance e trovare una cambogiana carina che lo accetti e lo coccoli per la sua...... simpatia e ricchezza! Spiegata la parte maschile, la domanda va sulla donna: quante di queste fidanzatine o future spose sono realmente innamorate del loro uomo straniero? Ogni volta che vedo queste coppie, vedo nella lei di turno tanto affetto nei confronti del suo lui e ogni volta non posso non domandarmi se quell'affetto, quella dolcezza mostrata sia finta, sia ipocrita o sia vera. Il dubbio che sia finto o comunque che sia più legato alla salvezza e alla riconoscenza che deve avere la lei nei confronti del suo lui, è forte. La sensazione di un amore "materialista" non si può negare, magari leggendo quello che vi ho scritto piuttosto che guardandolo.
Non so dare una risposta a questa domanda. Ogni volta ci provo, penso che sia tutto falso (sia da parte dell'uomo che della donna); poi mi fermo e mi chiedo chi sia io per giudicare se questo amore sia sincero o no. Forse sono condizionato dall'amore "materialista" che a volte noi italiani ed occidentali siamo abituati a vedere. Forse, chissà, in Cambogia e per le cambogiane l'amore è diverso ed assume altra forma ed aspetto.
Ma senza dare un parere convinto su questo dubbio, concludo raccontadovi una storia che forse chiarirà i miei e i vostri dubbi e pensieri in merito.

Di ritorno da una gita in barca in un'isola, noto un uomo di 70 anni arrabbiato con l'organizzatore della gita per non aver aiutato lui e sua moglie (una cambogiana sulla sessantina) a salire sulla barca mentre pioveva e lui doveva provvedere a lei e ad alcune borse. Calmatosi, per caso lo incontro nel viaggio di ritorno e mi accorgo che è quasi muto (per quello non riusciva ad avere l'attenzione dell'organizzatore). Parlandoci (lui si esprimeva con qualche suono e molti gesti) mi racconta di lui: era svizzero e dai 60 anni era in viaggio da solo per l'Asia godendosi la sua pensione insieme alla moglie. Aveva avuto un grave incidente in moto in Thailandia che gli ha ha causato questa perdita della parola e piccoli problemi di mobilità e tic. Mi raccontò che l'incidente risaliva a un anno fa, che prima era in piena forma e super attivo (mi ha mostrato alcune foto sul cellulare) e che si era sposato 5 anni fa con la moglie conosciuta in Cambogia e hanno viaggiato insieme negli ultimi anni. Può sembrare la solita coppia che vi ho raccontato prima ma questa riservava una sorpresa, una piacevole eccezione. La moglie era malata di Alzheimer (da prima che la conoscesse) e si dimenticava spesso di molte cose, così era più lui che accudiva lui che il contrario. Nonostante questo suo problema e la sua non bellezza, mi raccontò che lui quando ci intruppò per caso per strada si innamorò subito dei suoi occhi (ripeto non era per niente bella) e non gli importò nulla dei suoi problemi e che se ne sarebbe preso cura lui. Ed è quello che fece e che ancora vedevo nei suoi piccoli gesti, quando mi abbandonava 5 minuti per vedere se sua moglie avesse sete. Era innamorato. Per davvero. E non della giovinezza o dalla bellezza della sua donna. E lei lo era uguale, nonostante la sua malattia. Lo si vedeva perchè gli accarezzava sempre la schiena nel punto dove ebbe l'incidente, l'unica cosa che si ricordava sempre visto che durante la riabilitazione del marito in ospedale non parlò per settimane per la paura. Era innamorata. Innamorata di quel vecchietto che parlava a mala pena e camminava male.
Erano entrambi innamorati veramente,
E io ho sorriso guardandoli andare via. E ho avuto conferma che l'amore, quello puro e  vero, esiste (ancora) in questo mondo.
Esisterà (forse) anche questo amore "materiale" qui in Cambogia ma è emozionante scoprire che esistono delle bellissime eccezioni.

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Texting and its relatives

txtng
crystal

The first recorded occurrence of text as a verb in English is traced back by the OED to 1599. The afforded meaning is “To write in capital or large letters”.
The popular meaning nowadays is the well-known “to write/send someone a text message”, eventually through a mobile phone (from thence texting)”.

In both senses a peculiar focus may be observed on the idea of writing as a material performance.
The conveyed purport hints at the practice of assembling characters on a concrete support, a kind of printer’s work at the beginning, in any case a spelling play.

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Parlare con la macchina: OK GOOGLE

In un post dello scorso 18 maggio Vincenzo Cosenza ci parla di Google Now, un software che “porta alle masse il concetto di Anticipatory System“, un passo avanti rispetto al procedimento di fare la ricerca inserendo le parole “chiave”.
Si tratterebbe, in questo caso, di un prodotto in grado di instaurare una relazione tra uomo e macchina tale da consentire una costruzione dell’universo informativo basata sulla sequenza ordinata dei quest, dunque ricostruendo il filo del discorso senza rendere necessario il riferimento continuo alle nozioni pregresse: (“Se chiedo l’età di Obama e poi ‘come si chiama sua moglie’, il sistema capirà che mi sto riferendo al soggetto della prima domanda”).
Ulteriore connotazione del sistema è di organizzarsi per rilasciare un servizio vocale (comando:OK Google), secondo la tipica trasformazione algoritmica prevista nel trattamento automatico della lingua naturale.

Abbiamo detto che il motore di ricerca ci ha viziati, abituandoci ad avere soddisfazione alle nostre domande poste solitamente di fretta, anticipando il più possibile i nostri desideri sulla base delle funzionalità predittive come Instant Suggest (ieri: “Google e la libertà”).
Abbiamo anche osservato la capacità dei nuovi sistemi di memorizzare, della nostra ricerca, ciò che non abbiamo formalmente salvato, nel caso di un servizio di Policy Violation Checker in Gmail, definito, per questo, un “correttore automatico del pensiero” (qui A me gli occhi).

Possiamo affermare che i meccanismi del motore di ricerca si affinano sempre più nella direzione della brevità, attraverso l’operazione di costruzione (ri-costruzione) informatica dei legami, eliminando la tradizionale ridondanza dell’elaboratore elettronico in favore di un’organizzazione testuale dei dati.

Lo spazio dialogico dell’interazione uomo-macchina converge con andamento costante verso una proposizione delle dinamiche “reali” della conversazione, con le sue regole di cooperazione e di funzionamento: contesto, cotesto, coerenza, coesione, inferenze, presupposizioni, ovvero una produzione comunicativa in forma di sistema complesso, integrato, con nessi che vanno al di là del singolo intervento e coinvolgono tutte le fasi dell’atto comunicativo.
Naturalmente, come nella conversazione reale, il buon funzionamento del meccanismo sarà soggetto alle condizioni concrete, una configurazione a catena di elementi che noi includiamo ancora nell’etichetta “scritture brevi”.

Parlare con una macchina non è più fantascienza da tempo.
Farlo con le prerogative dell’uomo è un’esperienza.

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Parmigiana fast (costo 5 euro)

Parmigiana fast (costo 5 euro)

      INGREDIENTI per 4 persone:

  • 4 melanzane
  • 50 gr di parmigiano
  • 100 gr di scamorza
  • 200 gr di passata di pomodoro
  • olio, basilico, aglio e pepe

PROCEDIMENTO:

-Tagliare le melanzane a rondelle e arrostirle in una padella antiaderente con un filo sottilissimo d'olio.

-A parte soffriggere con dell'olio un aglio schiacciato. Versare la passata e cuocere per 15 minuti a fuoco lento. Aggiustare di sale aggiungendo un pizzico di zucchero per contrastare l'acidità del pomodoro. A fuoco spento unire due foglie di basilico.

-Su una teglia foderata con della carta da forno formare delle mini porzioni sovrapponendo le melanzane, la scamorza a fettine e il sugo, spolverizzando alla fine con pepe ed abbondante parmigiano.

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Google e la libertà

goooooooogle

Da The Google story di D. A. Vise (2005) ricaviamo la notizia della nascita del nome GOOGLE, che, come non raramente accade nei procedimenti onomaturgici, è un prodotto di inventiva e casualità.
Ecco la sintesi da Wikipedia:

“I due fondatori, Page e Brin, cercavano un nome che potesse rappresentare la capacità di organizzare l’immensa quantità di informazioni disponibili sul Web; avevano bisogno di un’iperbole.
Utilizzarono un nome già esistente: Googol, termine coniato dal nipote del matematico statunitense Edward Kasner nel 1938, per riferirsi al numero rappresentato da 1 seguito da 100 zeri. A Page e Brin sembrò perfetto come metafora della vastità del web. I due fondatori avevano intenzione di chiamare il neonato motore di ricerca proprio Googol, ma al momento di pubblicare il loro search engine questo dominio era già stato assegnato, perciò Page e Brin furono costretti ad optare per la parola Google (quella che tutti oggi conosciamo).”

Nell’etichetta Google si trova, dunque, all’origine, il riferimento all’idea di numero e alla qualità infinita della numerazione.
Una felice intuizione, cui può collegarsi l’invenzione più recente della figura che accompagna i risultati della ricerca nel motore Google, collocata, come tutti sappiamo, a fondo pagina. Ed eccola:

A me sembra una bellissima immagine, evocativa – attraverso strade grafico-visive – della dimensione “all’infinito” dell’operazione di ricerca: nel tipico layout della stringa, l’etichettaGoogle viene rappresentata con tante “o” quante sono le pagine digitali risultanti.
Collocate di seguito alla grande (di Google), le lettere “o” diventano tanti zeri che richiamano la (smisurata?) quantità dei dati. E ciò non soltanto in chiave simbolica, poiché cliccando su ogni singola “o” apriremo una pagina piena di link al web.

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Su Shazam e Scritture Brevi

Ci spiega Wikipedia che il software Shazam identifica una produzione musicale “catturando” la porzione di una canzone in riproduzione.
Il campione viene confrontato con una banca dati centrale che ha attualmente un catalogo di 11 milioni di canzoni. Il risultato finale è il riconoscimento della traccia.

Caratteristica del software è di lavorare sul raffronto di “impronte” digitali.

L’operazione di “riduzione” a segno del grande universo del rumore può essere paragonata al procedimento della costruzione della grammatica e/o della scrittura alfabetica.
In tutti i casi si parte dall’entità (concreta) sonora delle produzioni linguistiche (l’infinito catalogo dei foni) e la si riconduce a poche unità minime (“fonemi” e, nello scritto, “lettere”).
La combinazione di questi elementi può comporre – e identificare – tutte le parole possibili della lingua.

E’ il contrasto tra l’atto linguistico (il saussuriano “atto di parole“), unico e irripetibile, e il sistema dei segni convenzionali (la langue), un processo di segmentazione della massa indistinta del pensiero che, solo, consente all’uomo la comprensione del dato di realtà (ancora Saussure).

I concetti di tracciaimprontasolco, formano, nella speculazione arcaica, la concezione di signum(su questo Diego Poli).

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Google+ dal volto umano

Il nuovo volto di Google+ ce lo racconta Vincenzo Cosenza qui.

Le molte novità (ben 41!) annunciano un carattere spiccatamente social, che adegua il mezzo, nell’aspetto e nei modi, ai social più popolari: un po’ Facebook un po’ Pinterest, il nuovo Google+ evidenzia attraverso strumenti formali di condivisione l’aspetto della partecipazione alla comunità.

In una struttura a tre colonne prevalgono figure e forme.
Compare l’hashtag, associato dal sistema ai contenuti.

Altre funzioni.
Hangouts organizza la messaggistica sulla base delle interazioni. Auto Highlight compone gli album fotografici personalizzati sull’utente, provvedendo alla selezione automatica delle immagini migliori. Auto Enhance e Auto Awesome permetteranno di divertirsi modificando le foto a piacimento.

Google+ fa così immaginare +gruppo +compagnia +vitareale

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