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Chi trova un amico

Da qualche tempo le richieste di contatto in Facebook arrivano accompagnate dalla frase “tal-dei-tali ti ha aggiunto ai suoi amici”.
Prima di ciò era scritto “tal-dei-tali ti ha inviato una richiesta di amicizia”.

La procedura attivata resta immutata. Ovvero sta al destinatario la scelta di “accettare” l’offerta di amicizia, dando luogo in tal modo all’avvio del contatto concreto.

Al di là dell’accezione della parola “amico” nel social network, evidentemente nuova e non corrispondente all’immagine “classica”, è interessante la nuova modalità (G+ potrebbe essere veicolare), che non più chiede, bensì comunica quel che appare come un dato di fatto: “ti ha aggiunto…”.

E se già prima appariva difficile o scortese respingere le richieste, tanto più inopportuno diventa oggi non corrispondere. Direi che il messaggio che traspare è “Guarda che lui ti ha aggiunto. E tu che aspetti a farlo?”

La comunità social in questo e in altri modi riproduce se stessa.
“Amicizia su Facebook” è scritture brevi.

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Per la festa della mamma: DOODLE (Che carattere!)

Nella tradizione dei doodle, Google ci regala oggi alcuni “modelli” per comporre ed inviare un biglietto personalizzato per la festa della mamma, con la possibilità di realizzare 27 disegni differenti dalla base di tre cornici, per un totale di 81 combinazioni.

Google per la festa della mamma

Cogliamo l’occasione per fare i nostri auguri alle mamme e, insieme, ringraziamo Google per l’iniziativa di oggi (utile se fossimo a corto di idee e comunque uno spettacolo), dedicando questo post alla bella consuetudine del doodle.

Travestendo di volta in volta il proprio nome di elementi (segnali) indicativi, il motore di ricerca riveste di contenuti le nostre giornate, strappandole alla anonima monotonia della successione regolare dei giorni.

Un calendario digitale che quotidianamente ci offre il buongiorno con un messaggio “in codice”, privo di ridondanza e con la massima espressività concessa dalle immagini.
Un’operazione culturale, inoltre, dato che le ricorrenze sono di solito relative a personaggi ed eventi storici di cui sarebbe difficile tenere memoria.
Una tecnica divulgativa dunque, una lezione in forma di gioco, un’esperienza educativa che parte dal palcoscenico più popolare, quello del web, sfruttando al meglio i ritmi dell’attenzione: il disegno allude, attrae, il cursore sfiora e la figura si disambigua attraverso la didascalia; un click e si entra in “aula”.

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A me gli occhi

Sappiamo (e per gran parte apprezziamo) il sistema predittivo del motore di ricerca, che memorizza per noi e, come un genio della lampada pronto a esaudire i desideri, ci segnala, in cima alle liste dei risultati, quelli giudicati personalmente attesi o graditi.

Questo processo, basato su economia e risparmio nella digitazione, comporta alcuni inevitabili conseguenze in fatto di possibile limitazione delle potenzialità della ricerca e dei percorsi che possono aparire tendenzialmente infiniti ma, di fatto, si rivelano concretamente controllati.
Unito al dato statistico poi, il meccanismo ha un ruolo fondamentale nella costruzione e nella struttura della comunità social. Hashtag e filtri vari sono del resto effettivamente importanti perché ci aiutano a ritrovare e ritrovarci nell’intricato e infinito labirinto della grande rete mondiale.

Si comprende, in relazione a un tale procedimento, l’effetto globalizzatore indotto dalla ricerca sul web. Esercizio che abbiamo fatto con gli studenti è di digitare “facebook” ottenendo puntualmente il link al sito del più famoso social network, ma “face”, “fb”, persino la sola “f” condurranno il ragazzo allo stesso risultato. Potenza di Scritture Brevi.

E’ inedita tuttavia la notizia (qui l’articolo da Repubblica) del progetto dell’inserimento di unPolicy Violation Checker in Gmail, un sistema di controllo preventivo delle nostre scritture prima dell’invio, in modo da evitare la spedizione di messaggi dei quali poi potremmo pentirci.
Una sorta, come viene detto, di “correttore automatico del pensiero”. Un correttore che, aggiungiamo noi, concretamente si basa su quanto scriviamo, prima della cancellazione ed eventualmente prima dell’irrevocabile ok dell’invio (ma chi usa Gmail avrà già notato l’opzione “annulla invio” che nel giro di pochissimi secondi ci consente un improvviso ripensamento).

Impressionante, come minimo, il controllo del mezzo digitale su di noi, soprattutto in casi come questi di cui stentiamo a renderci conto. Siamo propensi infatti a ritenere che sia evanescente e inconsistente ogni segno non salvato. Evidentemente non è così: resta traccia (sul concetto un interessante intervento di Maria Strada, Corriere della Sera) a tal punto da arrivare alle nostre intenzioni e, come sempre, alle nostre menti.
Per altri versi rispetto all’intervento di ieri di Margherita Rinaldi, è il caso stavolta di dire: scripta manent. Ed è un fatto di Scritture Brevi.

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Insegna ad un uomo a pescare…

Durante questa settimana la corte d'Appello di Milano alla ha confermato la condanna per frode fiscale in appello a 4 anni all' on. Silvio Berlusconi. Nella trasmissione Quinta Colonna condotta da Paolo del Debbio su rete 4 assistiamo ad un involuzione della prospettiva di realizzazione personale che, fin dall'articolo 1 della nostra costituzione, dovrebbe costituire un caposaldo della cultura occidentale. 

In entrambi i casi abbiamo delle persone in difficoltà, con la quale il cavaliere risponde con aiuti economici. Non starò qui a sottolineare il fatto che non abbia parlato o meno della sua sentenza, o della retorica propagandistica che vuole influenzare addolcendo la figura del politico adesso fortemente pregiudicata.

Ma la scena del postulante che chiede favori al potente di turno mi induce a riflettere sulla tempestività in tempi di crisi, ovvero ciò che si può fare perché si possa arginare un determinato problema mentre manovre di più lunga durata abbiano il tempo di risolverlo definitivamente. 

In questo caso l'efficacia dell'aiuto concreto è solo apparente e sopratutto non investe coloro che non hanno avuto la fortuna di andare in televisione a chiedere aiuto al signorotto di turno. Di fatto non risolve la situazione, ma la ritarda dando false speranze e illudendo sul fatto che fra qualche mese la crisi sia risolta. Oltretutto la politica non è filantropia, ma strumento che si occupa non della persona x, ma di n persone che hanno quel medesimo problema. E' anche far in modo che l'individuo riesca a sostenersi grazie al suo lavoro, non grazie alla manna dal cielo.

Forse, chi non ha il pensiero obnubilato dalla fame, la risposta che lo Stato deve dare non la cerca in una rete televisiva, ma nella realtà che lo circonda.

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I want U: Condividi! (Che carattere!)

La campagna “no logo” della Coca-Cola prevede la sostituzione, sui prodotti, dell’immagine del marchio con nomi di persona: nomi propri (Valentina, Stefano, …), comuni (mamma, amico/a, …), appellativi o soprannomi (il Fenomeno, la Stilosa, …).
Buono per i collezionisti e per gli insaziabili ragazzi, sempre alla ricerca della novità, ai quali evidentemente la campagna pubblicitaria si rivolge.

Osservando le foto già diffuse, si osserva l’idea del nome come rappresentazione del soggetto con cui l’acquirente è invitato a “condividere”. Il logo in effetti non sembra scomparire, è solo collocato nella “frase invito” introduttiva, che è, in tutti i casi, Condividi questa Coca-Cola con… 
… Angela
… Giorgia
… the Best
… la Mamma
… una tua Amica
… chi sorride
… il Suocero
… le nostre pesti

Uso di forme deittiche, pronomi personali, possessivi, e altri elementi di riferimento all’esperienza quotidiana (materiale ed anche emotiva, sentimentale) connotano l’ottica della campagna, che non a caso è intitolata “Condividi con”.
Il pensiero va al tasto “Condividi”, e alla potenza del social network più famoso, Facebook.

Ecco dunque un’idea di concretizzazione, personalizzazione, espressività ottenuta sostituendo l’arida etichetta con l’etichetta “umanizzata”.
Noi diciamo “scritture brevi” al posto di “scritture brevi”.

Sul linguaggio social come ispirazione per il marketing Scritture Brevi ha trattato qui.

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Volare alto, ovvero il Punto e virgola (Che carattere!)

;-)

Parlando di punteggiatura, merita una menzione speciale il punto e virgola.

Si tratta forse del simbolo più classico della scrittura.
Introdotto, nella sua versione moderna, in Italia, da Aldo Manuzio in corrispondenza con l’introduzione della stampa, esso fa pensare alla composizione misurata, all’attenta composizione, alla scrittura elegante. Certamente non rientra nello stile trascurato.
Mai è impiegato per caso, mai per sbaglio. Piuttosto si è sempre consapevoli quando si sceglie di usarlo.

Questo fatto deve averlo reso, nel tempo, un segno raro.
A tal punto lontano dalla vita reale della lingua (scrittura) da essere posto più volte sotto attenzione.
Famoso è il “pesce” dell’1 aprile del 2008, allorché si diffuse la notizia che Nicolas Sarkozy fosse intervenuto a sua tutela, contro il pericolo dell’estinzione (bello, su questo, l’intervento diStefano Bartezzaghi).

Ma c’è anche chi, della sparizione, si sarebbe fatto promotore, sulla base dell’idea che sia un segno poco qualificato: né punto né virgola, come dire né carne né pesce: a che serve?
Importanti sono gli interventi di esperti in suo favore. Ne troviamo un excursus, insieme alla interessante storia, qui.

Aggiungiamo l’informazione che il punto e virgola ricorre in alcuni linguaggi di programmazione per segnalare “istruzioni” o “commenti”. Tutti ne conosciamo poi l’impiego per elencaredistintamente gli indirizzi nella mailing list della posta elettronica.

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Primi al traguardo

Il 9 maggio del 1941 gli Alleati riuscirono a impossessarsi di Enigma, il dispositivo di cifratura usato dalla Kriegsmarine per la trasmissione di comunicazioni segrete durante la seconda guerra mondiale. Nella sede della Stazione X, a Bletchey Park, un gruppo di crittoanalisti inglesi poté in tal modo violare, decifrandolo, il sistema dei messaggi in codice della Germania nazista, una vicenda che diede una svolta sostanziale alla storia.
Qui un articolo di Wired.
Del gruppo di Bletchey Park faceva parte Alan Turing, inventore dell’omonima macchina e padre dell’algoritmica per i sistemi dell’intelligenza artificiale.


Due ideologie che si affrontarono sul piano della “riduzione” della conoscenza a categorie minime informative.
Un esempio macroscopico dell’influenza del motore di ricerca, che ogni giorno, anche oggi, mostra la sua rilevanza nelle nostre azioni e nelle nostre vite.

Questo post vuole essere una riflessione sulle potenzialità delle scritture brevi e sulla loro rilevanza nella vita e negli eventi.
E questo post è dedicato all’intelligenza artificiale e al suo essere “strumento” per l’intelligenza dell’uomo, e mai equivalente di essa.

Francesca Chiusaroli, da www.scritturebrevi.it, il blog di Scritture Brevi
9 maggio 2013

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La cassetta degli attrezzi

Ricevuta da @atrapurpurea e @LatorreVincent (li cito nell’ordine alfabetico), ecco una bella frase di Nietzsche

"Gli strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri".

Pronunciata in risposta a un’osservazione dell’amico H. Koselitz a proposito dell’adozione, da parte di Nietzsche, della macchina per scrivere (“sembra che il ferro della macchina sia passato nei tuoi scritti”), la frase fa riflettere.
Se ne comprende così l’occorrenza in molti luoghi (consiglio un giro in rete) per fare osservare l’effetto negativo dell’impatto della scrittura digitale sul pensiero.

Sull’influenza dello strumento sul pensiero molto si è scritto, a commento delle importanti rivoluzioni “strumentarie”, a partire dall’abbandono dell’oralità (per tutti, Havelock).
“Rituale” (tale la considerava Giorgio Raimondo Cardona) la citazione da Platone sulla reazione di Thamus re di Tebe al dono ricevuto della scrittura da parte del dio Theuth:
“Col non far esercitare la mente essa produrrà l’oblio nell’animo di chi studia; confidando nella
scrittura, egli non ricorderà le cose dal di dentro, pensandoci di per sé, ma dal di fuori, per mezzo di impressioni esterne. Quel che hai inventato non è quindi il farmaco che dà la memoria, ma solo uno strumento per far tornare in mente le cose; non sostanza di sapienza, ma solo apparenza.”

Tornando alla frase di Nietzsche, essa può acquistare luce nuova allorché riferita alle condizioni fisiche del grande filosofo, che aveva trovato così l’unico modo per scrivere, non potendo più farlo a mano per i gravi problemi di vista.

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Dog's letter: R (Che carattere!)

L’account Twitter dell’Oxford English Dictionary (@OED) comunica la parola del giorno, che è “dog’s letter”.

Dalla spiegazione scopriamo che si tratta di una designazione in inglese della lettera “R”, come tale derivata, per calco linguistico (diciamo così, per traduzione), dal latino littera canina.

La definizione e le occorrenze in inglese (tra il 16° e il 20° secolo) ne collegano il significato al “rumore” del verso del cane, un valore quindi onomatopeico, così che la “lettera R” avrebbe a che fare con il tipico ringhio del cane.

Personalmente trovo molto interessante l’approdo onomatopeico di certe trafile etimologiche (ad esempio sulle parole inglesi in “rrr”, “grrr”, e non solo, consiglio l’eccellente Anatoly Liberman), ma in questa sede vorrei concentrare la riflessione sulla identificazione tra piano fonico (il suono del verso del cane) e piano della scrittura (la lettera che lo rappresenta), un processo di assimilazione che caratterizza la visione della lingua dal momento dell’acquisizione della cultura scritta.

Nei numerosi casi di onomatopee nella lingua che riproducono “voci” naturali, spesso il livello grafico rappresenta quello linguistico a tal punto da sovrastarlo.
In italiano il cane fa “bau”, che è scrittura e pronuncia uniformata e convenzionale di un verso che evidentemente i cani non ripetono mai in maniera uguale e se stessa.
In inglese le forme sono woof woof oppure ruff ruff.
E così via per tutte le lingue.
Che poi sarebbero i versi dei cani di taglia media e si sa che ogni taglia ha i propri!
Questioni che hanno a che fare col concetto di arbitrarietà della lingua, come insegnava Saussure.

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Leggete l'etichetta: TAG (Che carattere!)

In arrivo il servizio tag per Instagram.

La possibilità di collocare persone e luoghi rappresentati nelle proprie foto con nome, posizione e altre informazioni assimila Instagram a Facebook, con il prevedibile effetto di aumentare accessi, visibilità e contatti. Un’opportunità che specialmente le aziende non possono farsi sfuggire.

Cercarsi e cercare saranno operazioni più facili e dirette attraverso le funzionalità “Photos of you” e “Photo Map”. La ricerca è velocizzata così attraverso l’etichettatura.

Per il web 2.0 si parla di social bookmarking. Bello. Un segnalibro virtuale che tutti ci fa ritrovare.
Del potere aggregatore dell’hashtag abbiamo anche detto.

Il principio è analogo ai processi di orientamento indotti dal motore di ricerca.
Nella stringa disponibile immettiamo poche parole, le essenziali, che direzionino verso il risultato atteso.

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