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Parolemania (ovvero nuove sfide tecnologiche a colpi di congiuntivo)

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Chiunque di voi abbia uno smartphone lo sa: da qualche tempo è entrata a far parte del mondo digitale una nuova applicazione. Segni inequivocabili della follia che si cela dietro la medesima, sono: schiena curva sullo schermo, dita che si muovono velocissime in verticale, orizzontale, diagonale - e, a volte, anche in tondo - sguardo fisso e labbra serrate. Quella che si svolge su quello che una volta era un semplice telefono è una sfida all’ultimo sangue. Amici per la pelle si tolgono la parola, perfetti sconosciuti incontrati al momento diventano nemici mortali, la partita ha inizio, e chi la vince pubblica un nuovo achievement su Facebook. Sono i nuovi schiavi delle parole: giocatori incalliti di Ruzzle.

Tanto successo ha avuto l’applicazione che è nata presto una sua copia su Facebook: Zuffle (un po' come se per contratto questi giochi non potessero contenere nel nome più di sei lettere). Il meccanismo è lo stesso: chi fa più punti trovando più parole, vince. Le lettere hanno un valore, in modo tale che nel conteggio finale una V valga più di una più comune O, come succede nel tradizionale Scarabeo. I trucchi che permettono di totalizzare punteggi impressionanti barando alle spalle dell’avversario impazzano, segno che la popolare app ha ormai preso piede in modo dilagante.

Eppure, tra i giocatori più incalliti, c’è chi non conosce l’antenato di Ruzzle, quello con cui - personalmente - ho passato tante giornate della mia vita, fra dadini colorati e clessidre impietose, tenendo sempre a portata di mano un fido dizionario che sancisse inequivocabilmente le parole che si potevano e non si potevano ammettere. Glorioso reperto dei tempi che furono (e che nel mio caso, ammetto, sono ancora), era il Paroliere, quel Ruzzle / Zuffle / non so cosa, vagamente old style ma perfettamente funzionante per passare una serata con gli amici o mettere su una piccola sfida casalinga a colpi di congiuntivo.

Una preziosa testimonianza fotografica, qui sotto. Fido Paroliere, R.I.P.

 

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Recente commento in questo post
Enrica Antonini
Ce l'avevo anche io il paroliere... Che nostalgia.... Lode e gloria a lui.
Martedì, 19 Febbraio 2013 10:46
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I Tableaux Vivants di Bill Gekas


Sarà a causa della mia passione per la luce, quella di Rembrandt, e i panneggi fiamminghi ma navigando nella rete la mia attenzione è stata catturata da una fotografia che rievocava proprio questi due elementi. Una bambina intenta a pelare patate, con lo sguardo perso nel vuoto, e tutt’intorno quell’atmosfera tipica di un quadro del seicento. Ed ecco qui, ho trovato l’autraliano Bill Gekas, la cui serie di ritratti della sua piccola figlioletta di 5 anni merita mille volte più di altrettanti glamourfotografi di cui avrei potuto parlarvi.

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Io torno libero e voi non capite

Io torno libero e voi non capite

Dopo tanta satira, perpetrata anche da me, voglio condividere con voi un bel pezzo di Erri de Luca sulle dimissioni del Papa.
Buona lettura!

 

Le mie dimissioni sono appunto mie, un atto di libertà pura e personale. Di solito vengono intese come una rinuncia e, al peggio, come una fuga. Al contrario, sono per me un acquisto.

Torno libero di fare quello che mi sta a cuore. La smetto di obbedire a un cerimoniale infinito che m'impugna come un ventaglio e mi agita senza tregua.

Sono stanco? E' la versione ufficiale. Sono invece stufo di occuparmi di affari di Stato. Questo che presiedo è il più piccolo degli Stati, ma pure il più antico. Ha pochi centimetri ma un fracasso di secoli sulle spalle. Sono stufo di occuparmi di questo apparato che mi schiaccia, mi assilla, mi tagliuzza il tempo in un tritato di scartoffie e appuntamenti.

Mi è salito alla gola il grido di Mosè nel deserto: "Ho io partorito tutto questo popolo, forse sono stato io a farlo nascere?" (Numeri 11,12). A Mosè gliel'ha caricato sulle spalle e lui non poteva fare altro che andare sotto il peso di quell'umanità affidata a lui. Stavano nel deserto, non poteva dire: "Mi fermo qui, scendo alla prossima, proseguite voi".

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Gli Uomini odiano

Ogni giorno, quando accendo il pc, controllo la posta e il mio profilo Youtube dove seguo i vari canali. Tra questi, vi era un video in cui un vlogger rispondeva ad un commento che gli augurava l'AIDS. Ora, premesso che la cosa mi ha particolarmente scosso, mi chiedevo:

Da quando l'anonimato è il mezzo con il quale sfogare i nostri più bassi istinti?

E' come se la nostra identità virtuale fosse slegata dalla realtà che viviamo fuori dal web e avesse vita propria. Ed in genere, questa altra vita non è mai delle migliori. E allora pensavo che in realtà i complimenti che riceviamo e che noi stessi facciamo agli altri sono solo finzioni, che quello che pensiamo realmente è puro odio. Mi spiego meglio: se ci concediamo il lusso di sfogare i nostri più bassi istinti, senza avere costrizioni di alcuna sorta, credendo che nessuno dall'altro lato venga ferito perché siamo una maschera pallida senza volto; allora anche le emozioni positive e le nostre espressioni d'affetto non sono altro che di facciata. Vedo una svalutazione crescente del riguardo per gli altri, e un progressivo appiattimento dei dibattiti. 

Anche se spesso si tratta di trolling, questo cambia poco. Da dove deriva questa necessità di sobillare gli animi?

Credo che quello che manchi sia la comunicazione. Non credo si tratti di puro e semplice odio, ma più di repressione e di impossibilità di comunicare quello che si pensa agli altri. Nel bene o nel male. Infatti è curioso come spesso chi va contro ad un determinato vlogger non muove critiche ma insulti. Si sceglie il turpiloquio perché argomentare non solo è faticoso, ma stempera anche il malessere causato da stress quotidiani che il più delle volte nulla hanno a che fare con le tematiche che si commentano. Dunque la Scrittura come katharsis, che ci permette di prendere coscienza non solo dei nostri limiti, ma del mondo che ci circonda. Uno strumento, e sono contento di dirlo, che non sappiamo usare in molti: italiani, francesi, inglesi, tedeschi etc. Mi azzarderei anche a dire marziani, venusiani e plutoniani.

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Enrica Antonini
Guarda...sul web sicuramente la cosa assume proporzioni più grandi perché, come dici tu, ci si nasconde dietro l'anonimato, ma ier... Leggi tutto
Martedì, 19 Febbraio 2013 10:52
Alessio Martorelli
Anche li in realtà quei due erano degli sconosciuti per l'autista. E' una scusa come un'altra per sfogarsi su chi non gli può far ... Leggi tutto
Giovedì, 21 Febbraio 2013 16:30
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"How will I laugh tomorrow..."

Cade la Balti, la Littizzetto esulta.
So che è tutto preparato/studiato a tavolino, ma non posso fare a meno di pensare che sia una donna estremamente complessata se, per ragioni di "comicità", debba ripiegare sulla caduta di una ragazza più bella di lei.

A volte mi domando quale sia il pubblico di riferimento e quanto tempo impiegherà per comprenderne i suoi elementi dissonanti. È come guardare Paolo Bonolis e negare che la sua comicità sia basata sull'insulto o sul grottesco.
Un esempio su tutti? Ad "Avanti un Altro" la pacca sul didietro, primo simbolo di molestia sessuale e violazione dell'identità corporea nel mondo del lavoro, viene ridimensionata a semplice "portafortuna" ed è addirittura incentivata, dal presentatore e dai concorrenti, all'atto dell'estrazione del premio.
In un frangente, oltretutto, succitata pratica viene eseguita sui glutei del giudice di gioco. Dopo l'estrazione, il giocatore ha ottenuto la somma più alta: Bonolis si piega al cospetto del gluteo del giudice e, tra l'ilarità generale, lo bacia.
Tutto questo durante la cosiddetta "fascia protetta": una fascia di autocontrollo dei contenuti, oltretutto, voluta dalla tv privata per eccellenza. In una fascia del genere viene proposto un comportamento "anomalo" sotto l'ilarità generale, dove né gli adulti né i bambini possono discernere, o vengono messi in una situazione di discernimento.
Un atteggiamento simile viene usato semplicemente a giustificazione di un discorso politico E sociale ormai spinto oltre ogni limite. È un segno dei tempi: *dovete* accettarlo. Cade la Balti, la Littizzetto esulta. È lapalissiano che sia così: la bruttina che si prende la rivincita godendo della sofferenza della bella. Un gioco innocuo che nasconde una crudeltà implicita di fondo ereditata da un sistema mai rinnovato, sempre donato.

Qualcuno potrà arguire come vi siano altri problemi al mondo. È di recente esposizione la tutela e l'istituzione dei diritti omosessuali, così come l'auspicio dell'introduzione del reato d'odio in caso di palese marca omofoba. Lungi da me voler negare questo giusto progresso, che invece auspico per una civile convivenza.
Desidero però condividere un nuovo adagio.
"Come potrò ridere domani, se oggi non riesco a sorridere?"
La nostra società, così com'è impostata, non è capace di rispondere alle esigenze del singolo neppure come standard previsto o prevedibile. Siamo viziati ogni giorno dai vizi altrui, che ci vengono imposti nella più subdola di ogni percezione umana.

Se non riusciamo a donare un'immagine positiva o a costruire una società civile attraverso dei semplici accorgimenti, come possiamo accontentare le richieste future?

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Ho visto il mare per la prima volta.

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Ieri ho sentito pronunciare questa frase. E chi la pronunciava parlava di quando aveva più o meno vent'anni.
Non riesco ancora a capire bene cosa mi faccia pensare questa cosa, se non che veramente tutto nella vita è relativo. 

La mia mente non riesce a concepire come, a vent'anni, si possa non sapere com'è fatto il mare. Non saperlo proprio, non sapere nemmeno cosa sia, non avere la capacità di immaginare questa enorme distesa di acqua azzurra. Come se chiedessi a un cieco dalla nascita di descrivere un albero. Niente, non ci riesco. 

Chi parlava era un giovane afghano, sopravvissuto alla sua odissea di 8 mesi per raggiungere l'Italia. 
In Afghanistan non c'è il mare. 
Me ne sono accorta solo ieri.


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Avaaz.org - La voce

Avaaz.org - La voce

Avaaz, "voce" in molte lingue europee e asiatiche, è un organizzazione transnazionale istituita nel 2007. Il suo obiettivo principale è dare voce ai cittadini di tutte le nazionalità per portare avanti campagne di natura internazionale, nazionale o locale. Con oltre diciannove milioni di membri in tutto il mondo, Avaaz si impegna in maniera totalmente gratuita, con forme di volontariato e donazioni, nella raccolta firme di centinaia di petizioni e nell'organizzazione di manifestazioni di protesta sul territorio. Dalla campagna per i diritti umani alla lotta contro le lobby petrolifere, dalla campagna per la salvaguardia di specie animali alla lotta contro le violenze sulle donne, questa è Avaaz. Le petizioni verranno successivamente portate "fisicamente" ai capi di stato ed ai governi, affinchè possano prendere atto della volontà collettiva di ben diciannove milioni di cittadini di tutto il mondo. Inoltre, attraverso la campagna petizioni, potrete anche voi lanciare la vostra campagna, raccogliere firme, e magari riuscire a vincere delle battaglie a livello locale o nazionale.

Come membri "attivi" dal momento che via web si partecipa, si sottoscrivono e si diffondono iniziative, questa organizzazione darà un "Avaaz" a tutti coloro che hanno voglia di fare due semplici click via web. Accorrete ad iscrivervi e diffondete la "Voce"!

www.avaaz.org

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Si inizia...e inizio anch'io

Quando mi chiedono quali sono gli anni della mia vita che ricordo con più piacere, non ho dubbi: sono quelli dell’Università.

Non fraintendetemi: non è solo perché nella facoltà di Lettere e Filosofia c’erano prati, panchine, palme, gatti, porte a vetri e sole a profusione (sì, quello ha influito nelle lunghe giornate in cui non sapevo come riempire le quattro ore libere tra la lezione di Storia Medioevale e quella di Letteratura Latina, ma non stiamo a sottilizzare...). Li ricordo con piacere perché lì ho trascorso cinque anni splendidi, a studiare cose che mi piacevano, a conoscere gente interessante e a guardare le cose da altri punti di vista.

È stata dura sfatare negli anni con gli amici il mito dell’umanista tutto letteratura spicciola e chiacchiere vuote. Nonostante ancora oggi trovi parecchie difficoltà a risolvere un’equazione o a stabilire quant’è 1/25 di 150, grazie a quegli studi sono cresciuta. Ho conosciuto la linguistica, la filologia, l’antropologia, e me ne sono innamorata. Ma soprattutto ho capito - proprio grazie a quegli studi - che le mie attitudini erano certe e non altre. Che come medico sarei svenuta al primo prelievo del sangue. Che come ingegnere sarei ancora sui libri per il primo esame di Analisi. Che come avvocato - nonostante la parlantina non mi manchi - il mio cliente sarebbe stato condannato perché quasi sicuramente al momento clou mi sarei appigliata al comma sbagliato dell’articolo sbagliato.

Con questo non voglio dire che sia stato tutto rose e fiori: sarebbe ipocrita e piuttosto inverosimile. Ma certamente i lati positivi di quell'esperienza sono stati di gran lunga maggiori di quelli negativi.

Per farla breve, cari Torvergatini, il mio consiglio è: non sciupate questi anni. Anche se dopo sarà dura. Anche se dopo salterete da uno stage all’altro come delle cavallette in tocco e toga. Anche se tra qualche anno rimpiangerete di non aver fatto scelte diverse (perché succederà. Ah, se succederà...).

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Silvia Lovati
Il cuore si sente tutto.
Domenica, 17 Febbraio 2013 15:24
Veronica Adriani
Domenica, 17 Febbraio 2013 17:15
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"Scrivete!", ci esorta la Prof! "Sarà fatto!"

"Scrivete!", ci esorta la Prof

"Sarà fatto!", rispondo io! Ho una voglia di scrivere, cara Prof! Qui e sul sito sul quale già scrivevo prima di Torbloggata (parlo de il Vino e le Viole per chi non lo sapesse).

Scrivere perchè?

perchè è libertà

perchè è espressione del sentimento

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Silvia Lovati
Perché è più forte di me. http://epiufortedime.wordpress.com/... Leggi tutto
Domenica, 17 Febbraio 2013 15:27
federica lucantoni
Martedì, 19 Febbraio 2013 09:20
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Forme ghiacciate


Esiste qualcosa di piccolo, che a volte sfugge ai nostri occhi, non perchè disattenti, ma perchè limitati nel poter vedere.

Bisogna inginocchiarsi, abbassarsi a terra e poi sdraiarsi nella neve fresca, con il silenzio che delimita gli spazi e le forme che vi si stagliano.

E con la pancia che tocca questo bianco scricchiolante, un contatto tutto fisico si instaura tra noi e il bianco. Ed ecco che si apre una magia che è inaspettata per l'occhio umano.
Forme e colori avvolti dal silenzio, si animano e raccontano macro poesie. E uno stelo d'erba secco diventa un guerriero dei ghiacci.


E quello che non c'era, ora si rivela e prende vita nell'oculare della mia fotocamera...

Claudia Camilletti - www.photographando.it

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