E' passato molto tempo dal mio ultimo post e ancora non so perchè ho (ingiustamente) trascurato il mio blog.

Quante volte vi siete fermati a pensare a cosa significhi la felicità e come si possa a rappresentarla?
Ieri nella fabbrica dove svolgo il mio stage c'è stata una festa a pranzo con tutti gli operai e le loro famiglie ed è stata una delle feste più belle,divertenti e profonde della mia vita (e non solo per l'alcol). Ho bevuto, scherzato, riso, ballato fino allo sfinimento tutta la giornata e non mi sono mai divertito tanto con persone con cui ho ancora difficoltà a comunicare. Nonostante ciò, la mia felicità sprizzava da tutti i pori. E anche la felicità dei cambogiani. Per loro che sono abituati ad essere il più delle volte disprezzati o meglio comandati dai Barang ricchi e potenti, vedere un Barang così divertito, così felice di stare con loro e di condividere la felicità con loro, così premuroso nel dargli le giuste attenzioni è qualcosa di incredibile ed emozionante che ripagano solo attraverso un sorriso così vero e felice che mi fa sentire uno degli uomini più ricchi del mondo.
La differenza sociale purtroppo esisterà sempre nel mondo. In un futuro forse non sarà più in Cambogia ma esisterà in qualche modo sempre. Come combatterla al 100% non lo so. Quello che so è che una birra e un po' di musica può regalare momenti di felicità intensi e inaspettati per il povero Cambogiano e soprattutto al "ricco" Barang eliminando tutte le differenze sociali e culturali esistenti.
Probabilmente con le mie parole non sono riuscito ad esprimere la mia idea di felicità che ho provato ieri.
Forse con questa foto, in cui non appare nessuna differenza sociale, economica, culturale (si balla e basta), di età, di razza e di religione, rendo meglio il mio concetto: sono felice ed è bello rendere le persone felici con la propria felicità.
Lo so.
Parlo di tutto e di più ma alla fine, direte voi, un post sull'amore (indirettamente) ce lo metto sempre.
Ebbene sì. Stavolta vorrei parlare e spiegarvi le relazioni d'amore cambogiane.
In generale le ragazze cambogiane si sposano presto, già ai 20 anni. Esistono ancora i matrimoni combinati ma stanno scomparendo (per fortuna). Quando un ragazzo "sceglie" una ragazza deve pagare la famiglia. Quanto deve pagare? Questo dipende da due fattori: la ricchezza della famiglia e la bellezza della ragazza; dove il primo fattore è il più importante. Così che se io volessi sposarmi una bellissima e ricca ragazza cambogiana posso arrivare a pagare fino a 3000 dollari (magari la mia fonte non è molto attendibile ma sicuramente si parla di migliaia di dollari). Quindi l'affare (forse) si fa trovando la ragazze bellissima povera o per i più temerari (e amanti della simpatia) bruttina e povera. Scherzi a parte, proprio per questo alto costo, al matrimonio gli invitati lasciano una busta con i soldi agli sposi (come si fa ancora al sud Italia) e le cifre sono consistenti proprio per poter recuperare questa cifra e garantire il costo magari della prima casa. Il problema è che se un cambogiano ripudia la propria moglie, nessun'altro (tranne rare eccezioni) la potrà risposare, per tradizione. Forse proprio per questo le cambogiane si dice siano le mogli "perfette": ti accudiscono, ti coccolano, ti puliscono, ti fanno la spesa, diciamo sono il nostro zerbino. A me non piacciono le donne così ma quando ho avuto la febbre per 3 giorni mi sono proprio pentito di non essermi fatto una fidanzata cambogiana che mi facesse pure da infermiera. Quindi con questo comportamento cercano di tenersi stretto il marito, oltre a una buona dose di gelosia e possessività (provata in più di una occasione in prima persona). Nonostante questo, le donne (quasi tutte) non hanno un ruolo passivo nella società cambogiana: molte di loro lavorano nonostante i figli, il marito e la casa da accudire. Così che molte delle ripudiate si arrangiano lavorando nei numerosi bar turistici, arrivando (come già immaginate) a prostituirsi. Qui si arriva a una piccola ma importante differenza: c'è la donna che si prostituisce solo per i soldi e avere una buona entrata per i propri figli e avere una indipendenza mentre dall'altra parte c'è la donna che cerca nella prostituzione il suo "fidanzato" straniero nella speranza che oltre a pagare le prime prestazioni sessuali poi se la sposi e la "salvi". Ogni volta che parlo con una ragazza cambogiana e le dico (per scherzo) che vivrò qua per anni, lei cambia atteggiamento, diventa più interessata. E si capisce subito il suo pensiero: non me lo devo far scappare.
Così che sorvolando sulla questione "prostituzione", ogni volta che incontro stranieri con la loro fidanzata o sposa cambogiana passeggiare per strada, convivere insieme, aprire un bar insieme (storia vera di un francese) mi faccio due domande. La prima è relativa all'uomo: perchè la maggior parte di questi stranieri sono anziani (dai 40-50 anni in su) e abbastanza ricchi? La risposta è facile e semplice: c'è chi lasciato dalla moglie o stufo di lei, viene qui nel sud est asiatico di una moglie più giovane, che rompa di meno che lo faccia sentire ancora giovane godendosi la vita essendo il costo della vita minore che nei paesi occidentali e finiscono che si innamorino (forse) alla fine. O addirittura sono quarantenni se non trentenni (ma sono la minoranza) abbastanza brutti che stufi di stare (ahimè) sempre con ragazze bruttine decidono di darsi finalmente una seconda chance e trovare una cambogiana carina che lo accetti e lo coccoli per la sua...... simpatia e ricchezza! Spiegata la parte maschile, la domanda va sulla donna: quante di queste fidanzatine o future spose sono realmente innamorate del loro uomo straniero? Ogni volta che vedo queste coppie, vedo nella lei di turno tanto affetto nei confronti del suo lui e ogni volta non posso non domandarmi se quell'affetto, quella dolcezza mostrata sia finta, sia ipocrita o sia vera. Il dubbio che sia finto o comunque che sia più legato alla salvezza e alla riconoscenza che deve avere la lei nei confronti del suo lui, è forte. La sensazione di un amore "materialista" non si può negare, magari leggendo quello che vi ho scritto piuttosto che guardandolo.
Non so dare una risposta a questa domanda. Ogni volta ci provo, penso che sia tutto falso (sia da parte dell'uomo che della donna); poi mi fermo e mi chiedo chi sia io per giudicare se questo amore sia sincero o no. Forse sono condizionato dall'amore "materialista" che a volte noi italiani ed occidentali siamo abituati a vedere. Forse, chissà, in Cambogia e per le cambogiane l'amore è diverso ed assume altra forma ed aspetto.
Ma senza dare un parere convinto su questo dubbio, concludo raccontadovi una storia che forse chiarirà i miei e i vostri dubbi e pensieri in merito.
Di ritorno da una gita in barca in un'isola, noto un uomo di 70 anni arrabbiato con l'organizzatore della gita per non aver aiutato lui e sua moglie (una cambogiana sulla sessantina) a salire sulla barca mentre pioveva e lui doveva provvedere a lei e ad alcune borse. Calmatosi, per caso lo incontro nel viaggio di ritorno e mi accorgo che è quasi muto (per quello non riusciva ad avere l'attenzione dell'organizzatore). Parlandoci (lui si esprimeva con qualche suono e molti gesti) mi racconta di lui: era svizzero e dai 60 anni era in viaggio da solo per l'Asia godendosi la sua pensione insieme alla moglie. Aveva avuto un grave incidente in moto in Thailandia che gli ha ha causato questa perdita della parola e piccoli problemi di mobilità e tic. Mi raccontò che l'incidente risaliva a un anno fa, che prima era in piena forma e super attivo (mi ha mostrato alcune foto sul cellulare) e che si era sposato 5 anni fa con la moglie conosciuta in Cambogia e hanno viaggiato insieme negli ultimi anni. Può sembrare la solita coppia che vi ho raccontato prima ma questa riservava una sorpresa, una piacevole eccezione. La moglie era malata di Alzheimer (da prima che la conoscesse) e si dimenticava spesso di molte cose, così era più lui che accudiva lui che il contrario. Nonostante questo suo problema e la sua non bellezza, mi raccontò che lui quando ci intruppò per caso per strada si innamorò subito dei suoi occhi (ripeto non era per niente bella) e non gli importò nulla dei suoi problemi e che se ne sarebbe preso cura lui. Ed è quello che fece e che ancora vedevo nei suoi piccoli gesti, quando mi abbandonava 5 minuti per vedere se sua moglie avesse sete. Era innamorato. Per davvero. E non della giovinezza o dalla bellezza della sua donna. E lei lo era uguale, nonostante la sua malattia. Lo si vedeva perchè gli accarezzava sempre la schiena nel punto dove ebbe l'incidente, l'unica cosa che si ricordava sempre visto che durante la riabilitazione del marito in ospedale non parlò per settimane per la paura. Era innamorata. Innamorata di quel vecchietto che parlava a mala pena e camminava male.
Erano entrambi innamorati veramente,
E io ho sorriso guardandoli andare via. E ho avuto conferma che l'amore, quello puro e vero, esiste (ancora) in questo mondo.
Esisterà (forse) anche questo amore "materiale" qui in Cambogia ma è emozionante scoprire che esistono delle bellissime eccezioni.
Ormai è più di un mese che vivo qui in Cambogia e solo ora posso dire (ed ammettere) di essere felice qui. Fino a poche settimane fa, preso tra i miei impegni cambogiani avvertivo sempre più forte un senso di disagio, di quasi infelicità. Non riuscivo a capire a cosa fosse dovuto ma mi ritrovavo troppo spesso a pensare al passato, ai miei cari amici, ai miei cari compagni dell'associazione ESN, a Roma, addirittura a ripensare al mio primo mese di Erasmus a Madrid a quelle bellissime emozioni e mi ritrovavo involontariamente in una sorta di confronto fra le tue esperienze e capivo che qui qualcosa non andava. Non sapevo cosa. Cominciavano a venirmi i sensi di colpa sul fatto che avrei potuto fare uno stesso tipo di stage nel settore industriale e logistico anche in Italia, in giacca e cravatta, in un ufficio fresco e pulitissimo, con belle donne, parlando in italiano invece di farlo qui in Cambogia, senza giacca e cravatta, dove l'ambiente di lavoro è caloroso per via delle alte temperature e non per la sensualità delle colleghe di lavoro, in mezzo alla polvere e al carbone, in un paese dove tu ti senti il diverso, lo straniero, il Barang, dove gli operai cambogiani ridono di te perchè nonostante non lavori duramente come loro, sudi più di loro visto la non abitudine alle alte temperature cambogiane.
Tutto questo disagio da cosa veniva?
Da un paese che in fondo non mi piace? No tutt'altro, adoro questo paese.
Nella bellissima esperienza che sto vivendo qui in Cambogia, tra le tante scoperte quotidiane durante queste settimane mi sono dovuto scontrare con una realtà che nella mia vita non avevo mai incontrato: subire un furto. Mi spiego meglio: mi hanno rubato il motorino che avevo comprato (qui costano poche centinaia di dollari) per muovermi più facilmente nella capitale e per andare al lavoro. Quindi una cosa utile, quasi necessaria per una città come Phnom Penh. Erano andato a cenare in una specie di ristorante e avevo lasciato il motorino proprio davanti al locale per poi farmi una passeggiata tranquilla lungo il fiume Mekong. Tempo 30 minuti che il mio motorino non c'era più. Non sto scrivendo questo post per lamentarmi, anzi. Ne assolutamente per etichettare i cambogiani come ladri, tutt'altro. Sono cose che succedono in tutti i posti del mondo, sia al primo che al terzo mondo. Qui probabilmente l'hanno rubato perchè mi avranno visto "Barang" (è il termine con cui i cambogiani chiamano gli stranieri che vivono in Cambogia) ed essendo a breve il capodanno Cambogiano, hanno bisogno di soldi per fare i regali alla propria famiglia, tradizione del capodanno. Quindi hanno pensato bene di finanziare tali regali attraverso il mio utile motorino.
Ed ecco che a distanza di un po' di anni mi sono ritrovato a pensare che è brutto subire un furto ma soprattutto mi sono sentito materialista. Troppo. Come se quel motorino non potesse appartenere a nessun altro che a me e che fosse un oltraggio avermelo rubato. Ma dopo una sola notte con questi pensieri "materialistici" uscendo di casa per andare a lavoro (pagando un motodriver) e muovendomi per la periferia di Phnom Penh dove si può vedere e capire la povertà, mi sono odiato per i pensieri notturni e ho capito che al giorno d'oggi essere materialista è più che altro una "malattia" di noi occidentali, legati al consumismo e al possedere cose. Facendo questi pensieri ho ripensato al bellissimo film Fight Club che trasmette anche questo tipo di messaggio.
E proprio attraversando la città che ho sorriso al mondo, a me stesso, agli altri (come sanno fare benissimo i cambogiani), ho messo subito da parte i miei pensieri materialistici, ho dimenticato il "rosicamento" e mi sono messo a pensare al lato positivo di questo furto: ai bambini poveri della periferia felici e sorridenti al ricevere il loro semplicissimo regalo di capodanno che desideravano tanto, comprato dal loro papà, grazie alla vendita del mio motorino.
Forse non sarà andata veramente così ma mi piace credere a questa storia.
Grazie ancora Cambogia. Anche quando subisco un furto, indirettamente mi regala un insegnamento di vita.
Sono pochi giorni che mi trovo a Phnom Penh, la capitale della Cambogia e girando per la città posso già riflettere su vari aspetti della vita cambogiana che mi hanno colpito. E' difficile descrivere il tutto in un post, dovreste venire qui per capirlo. Qui tra un caldo torrido di 40 gradi, un ricco cambogiano corrotto che va in giro col suo SUV, una povera donna che chiede l'elemosina al mercato, una bella prostituta del locale che ti si butta addosso manco fossi Brad Pitt, un ragazzo che ti chiede se ti serve un passaggio in motorino per meno di un dollaro, la vita cambogiana va avanti con un incredibile equilibrio nonostante la povertà, le disuguaglianze.Tutto continua come se la miseria non esistesse o comunque se non fosse un male, come se facesse parte della loro vita. Non posso descrivervi la Cambogia dopo solo tre giorni, non voglio ne posso permettermelo, peccherei di arroganza ma quello che più mi ha colpito di questo paese è il sorriso dei cambogiani. Tutti i cambogiani ti sorridono: il ricco, il poliziotto, il mendicante, la signora che cucina per strada, il guidatore del tuk tuk, la vecchia senza denti, la bambina che dorme su un cartone per strada. Tutti i cambogiani soprattutto quelli che non hanno nulla ti fanno il loro regalo più grande: il loro sorriso. Un sorriso bello, vero, profondo, contagioso che se già domani tornassi domani sarebbe il ricordo più bello e vero della Cambogia.
Nelle discussioni universitarie, nelle serate al pub con gli amici si finisce sempre per "filosofare" sulla vita.
In queste discussioni si finisce per parlare del fine ultimo della vita, su come viverla, se siamo felici e soddisfatti oppure no, del modo in cui potremmo cambiarla.
E proprio su questo ultimo punto che vorrei soffermarmi prendendo spunto da un video che mi ha linkato un mio carissimo amico dopo una discussione sulla "vita".
Il video è della canzone "I could be the one" della coppia di dj Avicii e Nicky Romero. Tralascerei il discorso musicale che può piacere oppure no perchè stavolta vorrei focalizzare la vostra attenzione sul video (che dovete naturalmente prima vedere e poi continuare a leggere).
http://www.youtube.com/watch?v=bek1y2uiQGA
Premessa principale: il video è molto fetish e a tratti immaturo.
Infatti ciò che c'è da cogliere in quel video sono solo due momenti: quando davanti all'offerta sul computer dell'agenzia "self-help: only you can free yourself" la donna clicca su "take back your life" e quando viene investita all'uscita dal camion che si chiama (ironicamente) "2late". (Troppo tardi).
Vedendo quel video ho pensato a quante persone (e molte purtroppo le conosco) hanno paura di cambiare, di riprendersi la propria vita. Molte di queste persone sono quelle che si lamentano della quotidianità, dei giorni sempre uguali, di frequentare sempre gli stessi posti e persone. Quante ne conoscete? Tante. E molte non fanno nulla per cambiare. Alcune non cambiano perchè gli piace in fondo lamentarsi ma stanno bene così nella loro situazione. Altre non cambiano per paura, quella paura del vuoto, del futuro incerto, di rimanere sole.
E chi sarei io per giudicare (direte voi)?
Anche io facevo parte di questo tipo di pensiero.
Ero fidanzato, mi sentivo felice e innamorato; poi col tempo mi resi conto che non era così, che mi mancava qualcosa, non ero io al 100% ma non capivo dove e quale era il problema. E ho proseguito per un po' di tempo con questo disagio pensando fosse un momento passeggero e quando gli amici sentivano le mie lamentele mi dicevano: prova a cambiare qualcosa, fai qualcosa di alternativo, un viaggio. Pensandoci mi resi conto che sapevo qual era il mio problema: non ero più felice con la persona con cui stavo ma non per colpa sua, ero io il colpevole; consapevole che ero felice ma non era lei la donna con cui volevo stare, avevo 22 anni e avevo l'opportunità di trovare la mia strada. Ma avevo paura di cambiare. Tanta. Ma alla fine ho schiacciato il bottone "take back your life", con paura. Ho rischiato, ho sofferto, ho fatto soffrire ma il mio furgone con scritto "2late" non è passato. L'ho schivato in tempo. E da lì ho imparato a capire dove era il "segreto" per sentirsi sempre bene, felici, soddisfatti e soprattutto per non rischiare di esssere "investiti".
Appena uno si sente a disagio chiedersi cosa è che non va, guardarsi intorno, mettere in discussione anche le più grandi certezze.
Siamo (sono) giovani (e).
Abbiamo il tempo per cambiare la nostra vita, per addrizzare la nostra rotta, risistemare la nostra bussola, riadattarci. Ma dobbiamo trovare la forza e il coraggio di farlo.
Ci sono persone che stanno con la stessa fidanzata perchè "ormai sono anni che stiamo insieme, se ci lasciamo che fine facciamo entrambi, dove andiamo a finire?".
Ci sono persone che fanno lo stesso lavoro da una vita e pur non essendo felici, non provano a guardarsi intorno, a cercarne un altro che ci dia più soddisfazioni e gratificazioni, trovare un'attività che ci faccia sentire vivi, fare un corso che ci piace.
Ci sono persone così perchè alla fine si "accomodano" sulla vita, nel senso che nonostante quel pizzico di infelicità, la comodità della quotidianità e della certezza se la tengono ben stretta. Nella speranza però a questo punto di non rendersene conto in ritardo come la donna del video e che sia davvero troppo tardi.
La vita è una sola e siamo noi gli artefici principali della (nostra) rotta quindi usiamo la (nostra) bussola nella giusta direzione: alla ricerca della (nostra) felicità

.Oggi è giorno di elezioni.
Si torna a votare dopo 5 anni per rinnovare il nostro Parlamento. Ma più che rinnovare, la parola più appropriata per queste elezioni sarebbe 'cambiare'.
Non voglio parlare di politica, di chi è meglio, di chi è peggio. Vorrei solo esprimere un pensiero (tra i tanti con cui mi sono scontrato in questo ultimo mese) su queste elezioni.
Penso che tutti ci rendiamo conto della situazione in cui ci troviamo noi italiani. Di chi è la colpa? Di troppe persone (politicamente parlando) secondo me, ognuna con le sue responsabilità e non dobbiamo dimenticarci di questo quando andremo a votare oggi e domani. Dobbiamo cominciare ad essere un popolo con memoria e finalmente intelligente. Per quello non dichiaro chi voterò e chi no. Forse lo capirete fra queste righe ma non è questo l'obiettivo del mio post: voglio far capire a quei milioni di persone (perchè saranno molti milioni) che non andranno a votare per protesta o per scelta dell'ideologia del NON voto che questa volta sbagliano. Spero di sbagliarmi ma queste elezioni sono l'occasione (l'ultima) per dimostrare che vogliamo una Italia nuova e vogliamo dare un segnale, soprattutto noi giovani, a questo sistema politico che non ci rispecchia.
Voi del NON voto direte che non c'è nessuno che vi rappresenti in quella lista dove metterete una X. In parte sono d'accordo con voi ma per una volta provate a metterla sul simbolo che per lo meno vi somigli (politicamente) per il 25%. Basta questo per dare (speriamo) una svolta alla nostra Italia.
E se (probabilmente) non vi ho convinti andate a votare per segno di riconoscenza verso i vostri avi, bisnonni che hanno lottato anni e secoli fa per ottenere il diritto di voto. Persone che hanno dato la vita, hanno creduto in ideali politici e sociali per poter dare ai loro figli e nipoti l'opportunità di votare e poter scegliere chi li dovesse rappresentare.
Se questa storia vi sembra troppo lontana e non vi tocca, mi rivolgo alle donne.
Le donne italiane hanno avuto il diritto di voto solo nel 1946. Cioè le vostre bisnonne non potevano votare. Vi sembra giusto? Loro e le loro madri hanno lottato per permettere oggi a voi donne di votare: non buttate al vento la fatica di donne forti e coraggiose.
E come recita l'articolo 48 della Costituzione Italiana:
"Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico."
Non dimentichiamocelo. Almeno per oggi e domani.
La scorsa settimana facendo zapping notturno su youtube (la TV ormai è fuori moda) ho (ri)trovato un video tributo a George Best. Molti di voi non lo conosceranno proprio, altri sanno di chi si tratti ma non al 100%. Vi faccio un breve riassunto della sua storia (che potete trovare accuratamente su Wikipedia).
Geroge Best nasce a Belfast nell'Irlanda del Nord nel 1946 e muore a Londra nel 2005 a 59 anni. Ha vinto il pallone d'oro nel 1968 ed è considerato uno dei migliori calciatori del XX secolo.
Possibile che in pochi lo conoscano??? Io, come avrete capito, sono un suo fan e grande estimatore come calciatore e soprattutto come uomo. Ed è di questo che voglio discutere.
George Best è stato davvero uno dei più grandi calciatori ed attaccanti del calcio moderno. Ma rispetto a tutti i grandi campioni aveva un difetto per la gente comune che lo porta a essere esiliato dalle grande storia del calcio. Lui, durante la sua formidabile carriera tra Manchester United e tantissimi gol e assist, aveva una grande passione: vivere la sua vita fino all'eccesso. Adorava le belle donne, le macchine sportive, l'alcol, drogarsi, vivere la vita intensamente. Era capace di presentarsi ubriaco a poche ore dalla partita e poi riprendersi come per magia e segnare gol straordinari (per i più appassionati andate a vedere i suoi gol su youtube). Ma come faceva??? Anche io me lo sono chiesto. Anche io giocavo a calcio e quando tornavo ubriaco il sabato sera, durante la partita della domenica mattina non toccavo un pallone.
Questo suo lato "brutto" è quello che più apprezzato di lui come giocatore. Perchè c'è una cosa che condivido della sua storia (non tutto naturalmente): la consapevolezza di essere uno dei migliori e volere lo stesso dimostrare a se stessi che si può superare, andando oltre i suoi (e gli umani) limiti. Voi direte che quello che sto dicendo si riassume con una parola: eccesso. Sì, è vero. Ma l'eccesso fa parte della vita; se se ne fa il giusto uso è la spinta "giusta" che ci tiene vivi e vogliosi di vivere. George Best nonostante sapesse a cosa andava in contro con quello stile di vita, non si è mai fermato. Voleva vivere la sua vita così, nell'eccesso, fino in fondo, per non avere nessun rimpianto. C'è una sua frase che riassume meglio cosa voglio dirvi e cosa per lui rappresentasse la vita:
"Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcol. Sono stati i 20 minuti peggiori della mia vita.
E cosa gli ha portato a George Best questa vita così intensa e "viva"? Alla morte naturalmente! Morì a soli 59 anni per una infezione epatica, risultato della sua vita di eccessi.
Secondo voi si è pentito?
Hanno cercato di strumentalizzare la sua morte attribuendogli frasi del tipo "non morite come me" dette in punto di morte, per trasmettere un messaggio positivo verso i giovani.
Ma noi, tutti suoi fan, sappiamo benissimo che lui quella frase non l'ha mai detta: lui non si è mai pentito della sua vita e di ciò che ha fatto. Ne prima, ne dopo, ne nel punto di morte. Sappiamo benissimo che lui ha sempre visto la vita come qualcosa da vivere al limite, al massimo, spirito che noi tutti (nel giusto modo naturalmente) dovremmo ispirarci.
La vita è breve. Non sappiamo quanti anni ci aspettano davanti. Sicuramente volano rapidi come le nuvole nel cielo. Osiamo. Spingiamoci verso il nostro limite (ognuno ha il suo limite che non vuol dire per forza alcolizzarsi o drogarsi). Sentiamoci vivi, con la speranza che quando arriverà il nostro "momento" (grattatevi, sarà tra moltissimi anni) ci sentiremo come George Best: sereni e liberi, senza rimpianti ne rimorsi
Perchè lui non era il solito campione, era qualcosa di più.
Perchè lui non era il solito genio e sregolatezza, era qualcosa di più.
Perchè lui non era il solito ubriacone, drogato e donnaiolo, era qualcosa di più.
Lui era George (The) Best.




Avete presente quelle serate in cui uscite con gli amici e andate a un locale, bar, pub, ristorante dove bevete un po' (troppo) e poi siete costretti (visto le numerose birre) ad andare in bagno?
Come avrete capito, io mi ci sono trovato spesso in questa situazione e spesso (come penso capiti a volte anche a voi) mi succede, mentre elimino le candide bollicine della forte Tennent's o della corposa San Bernardus, che mi "chiuda" in qualche pensiero contorto. Ed è quello che mi è successo l'altra sera.
Mentre "digerivo" una buona dose di birra nel bagno di un tranquillo locale storico di Roma, il mio sguardo era rimasto attratto dalle numerose scritte d'amore incise sui muri del bagno dove mi trovavo. Erano talmente tante, contorte e sovrapposte che non so perchè ho voluto cercare di decifrarle.
Ti ci sei "chiuso", direte voi.
Sì, mi ci sono "chiuso". Ma leggendo le scritte mi sono reso conto che stranamente più della metà erano d'amore (se non d'amore, stranamente non c'erano annunci erotici).
"Io e te un unico amore"; "Luana quanto sei bona!"; "Marta mi manchi".
Date con anniversari o ricorrenze.
Così colto da un turbine di pensieri quella sera ho pensato a quante volte noi tutti (io per primo) abbiamo scritto da qualche parte nel mondo, in un posto accessibile o no, famoso o no, in maniera indelebile o no, qualche frase d'amore del genere.
Fermatevi un secondo e pensate a quante scritte ci sono nel mondo che rappresenti un amore, un sentimento.
Nei bagni di un locale (per i meno romantici), sul tronco di un albero ( per i più romantici, per fortuna!), sul muro accanto al portone di casa vostra, sull'asfalto, nelle scuole, sui ponti, sui davanzali di marmo di Roma, nei lucchetti di Ponte Milvio, sui tavoli da pic nic nei parchi e chi più ne ha più ne metta!
Ne siamo circondati. Assediati da amore e sentimenti e non ce ne rendiamo conto.
Ma la domanda che mi sono posto è stata: quante di queste frasi, scritte, dediche hanno ancora significato oggi? Quanti amori scritti sui muri ancora oggi esistono?
Credo che la risposta sia la stessa alla domanda (difficilissima): l'amore è per sempre?
Non esiste una risposta univoca e certa. E non vorrei dilungarmi troppo su questo argomento perchè si potrebbe parlarne per ora. Ma vorrei sottolineare il fatto che mentre si assiste al giorno d'oggi tra noi giovani in una minore credenza e investimento nell'amore e nei sentimenti, credo che faccia bene ogni tanto fermarsi a vedere queste scritte (d'amore) che ci circondano, chiedersi da dove e come siano nate, se quell'amore sia "sopravvissuto" e interrogarci se per noi esista quell'amore per sempre.
Io credo che i sentimenti (e l'amore) possano durare per sempre.
E se poi c'è qualcuno/a che ci fa smettere di crederci, basta guardare quelle scritte intorno a noi, di cui anche noi siamo autori, e pensare:
l'amore verso una persona non sarà per sempre,
ma almeno una scritta d'amore lo è.