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I want U: Condividi! (Che carattere!)

La campagna “no logo” della Coca-Cola prevede la sostituzione, sui prodotti, dell’immagine del marchio con nomi di persona: nomi propri (Valentina, Stefano, …), comuni (mamma, amico/a, …), appellativi o soprannomi (il Fenomeno, la Stilosa, …).
Buono per i collezionisti e per gli insaziabili ragazzi, sempre alla ricerca della novità, ai quali evidentemente la campagna pubblicitaria si rivolge.

Osservando le foto già diffuse, si osserva l’idea del nome come rappresentazione del soggetto con cui l’acquirente è invitato a “condividere”. Il logo in effetti non sembra scomparire, è solo collocato nella “frase invito” introduttiva, che è, in tutti i casi, Condividi questa Coca-Cola con… 
… Angela
… Giorgia
… the Best
… la Mamma
… una tua Amica
… chi sorride
… il Suocero
… le nostre pesti

Uso di forme deittiche, pronomi personali, possessivi, e altri elementi di riferimento all’esperienza quotidiana (materiale ed anche emotiva, sentimentale) connotano l’ottica della campagna, che non a caso è intitolata “Condividi con”.
Il pensiero va al tasto “Condividi”, e alla potenza del social network più famoso, Facebook.

Ecco dunque un’idea di concretizzazione, personalizzazione, espressività ottenuta sostituendo l’arida etichetta con l’etichetta “umanizzata”.
Noi diciamo “scritture brevi” al posto di “scritture brevi”.

Sul linguaggio social come ispirazione per il marketing Scritture Brevi ha trattato qui.

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Volare alto, ovvero il Punto e virgola (Che carattere!)

;-)

Parlando di punteggiatura, merita una menzione speciale il punto e virgola.

Si tratta forse del simbolo più classico della scrittura.
Introdotto, nella sua versione moderna, in Italia, da Aldo Manuzio in corrispondenza con l’introduzione della stampa, esso fa pensare alla composizione misurata, all’attenta composizione, alla scrittura elegante. Certamente non rientra nello stile trascurato.
Mai è impiegato per caso, mai per sbaglio. Piuttosto si è sempre consapevoli quando si sceglie di usarlo.

Questo fatto deve averlo reso, nel tempo, un segno raro.
A tal punto lontano dalla vita reale della lingua (scrittura) da essere posto più volte sotto attenzione.
Famoso è il “pesce” dell’1 aprile del 2008, allorché si diffuse la notizia che Nicolas Sarkozy fosse intervenuto a sua tutela, contro il pericolo dell’estinzione (bello, su questo, l’intervento diStefano Bartezzaghi).

Ma c’è anche chi, della sparizione, si sarebbe fatto promotore, sulla base dell’idea che sia un segno poco qualificato: né punto né virgola, come dire né carne né pesce: a che serve?
Importanti sono gli interventi di esperti in suo favore. Ne troviamo un excursus, insieme alla interessante storia, qui.

Aggiungiamo l’informazione che il punto e virgola ricorre in alcuni linguaggi di programmazione per segnalare “istruzioni” o “commenti”. Tutti ne conosciamo poi l’impiego per elencaredistintamente gli indirizzi nella mailing list della posta elettronica.

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Primi al traguardo

Il 9 maggio del 1941 gli Alleati riuscirono a impossessarsi di Enigma, il dispositivo di cifratura usato dalla Kriegsmarine per la trasmissione di comunicazioni segrete durante la seconda guerra mondiale. Nella sede della Stazione X, a Bletchey Park, un gruppo di crittoanalisti inglesi poté in tal modo violare, decifrandolo, il sistema dei messaggi in codice della Germania nazista, una vicenda che diede una svolta sostanziale alla storia.
Qui un articolo di Wired.
Del gruppo di Bletchey Park faceva parte Alan Turing, inventore dell’omonima macchina e padre dell’algoritmica per i sistemi dell’intelligenza artificiale.


Due ideologie che si affrontarono sul piano della “riduzione” della conoscenza a categorie minime informative.
Un esempio macroscopico dell’influenza del motore di ricerca, che ogni giorno, anche oggi, mostra la sua rilevanza nelle nostre azioni e nelle nostre vite.

Questo post vuole essere una riflessione sulle potenzialità delle scritture brevi e sulla loro rilevanza nella vita e negli eventi.
E questo post è dedicato all’intelligenza artificiale e al suo essere “strumento” per l’intelligenza dell’uomo, e mai equivalente di essa.

Francesca Chiusaroli, da www.scritturebrevi.it, il blog di Scritture Brevi
9 maggio 2013

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La cassetta degli attrezzi

Ricevuta da @atrapurpurea e @LatorreVincent (li cito nell’ordine alfabetico), ecco una bella frase di Nietzsche

"Gli strumenti di scrittura hanno un ruolo nella formazione dei nostri pensieri".

Pronunciata in risposta a un’osservazione dell’amico H. Koselitz a proposito dell’adozione, da parte di Nietzsche, della macchina per scrivere (“sembra che il ferro della macchina sia passato nei tuoi scritti”), la frase fa riflettere.
Se ne comprende così l’occorrenza in molti luoghi (consiglio un giro in rete) per fare osservare l’effetto negativo dell’impatto della scrittura digitale sul pensiero.

Sull’influenza dello strumento sul pensiero molto si è scritto, a commento delle importanti rivoluzioni “strumentarie”, a partire dall’abbandono dell’oralità (per tutti, Havelock).
“Rituale” (tale la considerava Giorgio Raimondo Cardona) la citazione da Platone sulla reazione di Thamus re di Tebe al dono ricevuto della scrittura da parte del dio Theuth:
“Col non far esercitare la mente essa produrrà l’oblio nell’animo di chi studia; confidando nella
scrittura, egli non ricorderà le cose dal di dentro, pensandoci di per sé, ma dal di fuori, per mezzo di impressioni esterne. Quel che hai inventato non è quindi il farmaco che dà la memoria, ma solo uno strumento per far tornare in mente le cose; non sostanza di sapienza, ma solo apparenza.”

Tornando alla frase di Nietzsche, essa può acquistare luce nuova allorché riferita alle condizioni fisiche del grande filosofo, che aveva trovato così l’unico modo per scrivere, non potendo più farlo a mano per i gravi problemi di vista.

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Dog's letter: R (Che carattere!)

L’account Twitter dell’Oxford English Dictionary (@OED) comunica la parola del giorno, che è “dog’s letter”.

Dalla spiegazione scopriamo che si tratta di una designazione in inglese della lettera “R”, come tale derivata, per calco linguistico (diciamo così, per traduzione), dal latino littera canina.

La definizione e le occorrenze in inglese (tra il 16° e il 20° secolo) ne collegano il significato al “rumore” del verso del cane, un valore quindi onomatopeico, così che la “lettera R” avrebbe a che fare con il tipico ringhio del cane.

Personalmente trovo molto interessante l’approdo onomatopeico di certe trafile etimologiche (ad esempio sulle parole inglesi in “rrr”, “grrr”, e non solo, consiglio l’eccellente Anatoly Liberman), ma in questa sede vorrei concentrare la riflessione sulla identificazione tra piano fonico (il suono del verso del cane) e piano della scrittura (la lettera che lo rappresenta), un processo di assimilazione che caratterizza la visione della lingua dal momento dell’acquisizione della cultura scritta.

Nei numerosi casi di onomatopee nella lingua che riproducono “voci” naturali, spesso il livello grafico rappresenta quello linguistico a tal punto da sovrastarlo.
In italiano il cane fa “bau”, che è scrittura e pronuncia uniformata e convenzionale di un verso che evidentemente i cani non ripetono mai in maniera uguale e se stessa.
In inglese le forme sono woof woof oppure ruff ruff.
E così via per tutte le lingue.
Che poi sarebbero i versi dei cani di taglia media e si sa che ogni taglia ha i propri!
Questioni che hanno a che fare col concetto di arbitrarietà della lingua, come insegnava Saussure.

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Leggete l'etichetta: TAG (Che carattere!)

In arrivo il servizio tag per Instagram.

La possibilità di collocare persone e luoghi rappresentati nelle proprie foto con nome, posizione e altre informazioni assimila Instagram a Facebook, con il prevedibile effetto di aumentare accessi, visibilità e contatti. Un’opportunità che specialmente le aziende non possono farsi sfuggire.

Cercarsi e cercare saranno operazioni più facili e dirette attraverso le funzionalità “Photos of you” e “Photo Map”. La ricerca è velocizzata così attraverso l’etichettatura.

Per il web 2.0 si parla di social bookmarking. Bello. Un segnalibro virtuale che tutti ci fa ritrovare.
Del potere aggregatore dell’hashtag abbiamo anche detto.

Il principio è analogo ai processi di orientamento indotti dal motore di ricerca.
Nella stringa disponibile immettiamo poche parole, le essenziali, che direzionino verso il risultato atteso.

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Mi sento fortunata

Un tweet sulla carta

Accetto il bell’invito di Giulia Sciannella (gruppo #Leucò) a scrivere un tweet “sulla carta”.

Prendo della carta, quadrettata, per contare i caratteri, spazi compresi. Prendo matita e gomma per cancellare. Sai che spreco di carta se usassi la penna… Dovrei buttare un foglio ogni volta che faccio un errore. Per non stropicciare il foglietto di continue cancellature farò di sicuro una prova in brutta copia.
Compongo.
Ma che fatica contare i caratteri! Perdo il filo, non mi concentro più sul testo, aiuto!

Molto più facile al pc: Twitter fa molta della fatica al posto nostro.
Ci segnala con evidenziatore colorato le porzioni di testo che superino i 140 caratteri; lo fa anche conteggiando all’indietro dai 140 in poi: -1, -2, -3, eccetera.
Così posso occuparmi del contenuto, il pensiero è più libero, la creatività si invola.

A lezione racconto spesso che quando scrivevo la tesi di laurea non avevo pc (bella nota sull’età).
Il procedimento era scrivere a mano, rileggere, cancellare, riscrivere.
Solo con piena sicurezza del testo si procedeva alla scrittura a macchina, da consegnare al professore.
Questi leggeva e interveniva (va da sé, a penna).
Il materiale restituito doveva essere corretto poi a macchina.
Per farlo naturalmente si riscriveva tutto dall’inizio.
Il totale era di centinaia di pagine, in concreto migliaia, contando le versioni successive.
Nulla a che fare, se non altro come quantità, con la redazione di un testo a scuola (scritto a mano).

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Di & e nuovi aggregatori (Che carattere!)

& è interessante per Scritture Brevi.
Chiamarla “E commerciale“, come è per l’italiano, è prosastico e ci racconta della sua fortuna nel mondo (&sons, &Co.).

Nulla a che vedere però col nome inglese “ampersand“, evocativo della originaria funzione di segnale della autonomia semantica di alcune lettere dell’alfabeto, che erano come tali accompagnate dalla “nota” in quanto “and per se and”: una specie di “vale di per sé ed anche come…”.

E’ singolare che il valore di “congiunzione” et/and/e > & infine conquistato sia perduto, ad esempio, nel contesto di Twitter. Usare l’hashtag per segnalare un nesso unito da comporta che soltanto il primo elemento sia “catturato”. Me lo faceva notare Antonio Prenna.

Per parte mia avevo già verificato che la stessa cosa accade per il trattino -

Naturale è che lo “spazio” divida. Usare “#scritture brevi” selezionerà #scritture e non “#scritturebrevi”.

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Happy birthday www (Che carattere!)

Ed oggi si festeggiano i vent’anni dalla nascita del World Wide Web in pubblico dominio.
Leggiamo qui un bell’excursus di Gabriele De Palma sul “dono di Berners-Lee al mondo”.
Parlare dell’universo digitale è emozionante. La porta del mondo aperta a tutti. Una janua linguarum che realizza finalmente la comunità globale.

Interessante pure la piccola storia delle molteplici versioni grafiche dell’etichetta.
World Wide Web – WorldWideWeb – WWW
Un progetto, tante scritture: inimitabili.
Ancora e sempre, Scritture Brevi, il mezzo e il fine. Che carattere!

Francesca Chiusaroli, Scritture Brevi (#scritturebrevi, www.scritturebrevi.it)
30 aprile 2013

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Di Qwerty e altre tastiere

Una notizia per Scritture Brevi è la presentazione di una nuova tastiera (tastiera di nuova generazione) ergonomica, pensata per l’attività su schermo touch. Si chiamerà Kalq (analogamente a Qwerty) dal nome ricavato dalla sequenza di lettere posizionate in una serie di tasti vicini (principio onomastico simile è alla base di un termine come “abbecedario”, ad esempio).

Ne leggiamo negli interessanti interventi di Martina PennisiCorriere della Sera, e di Luca Castelli,La Stampa.

La tastiera andrà, in tali contesti della digitazione “touch”, a sostituire quella classica che, dal 1873, configura la collocazione dei tasti nelle macchine per scrivere

La notorietà, in particolare del nome – Qwerty – è legata all’impiego, recente, per definire “la tastiera di una specie di telefono cellulare” e poi, per metonimia, “una specie di telefono cellulare”, dotato di un numero di tasti equivalente alle lettere dell’alfabeto, e dei relativi numerali e segni speciali, trasformando quello che era uno strumento per telefonare gradualmente in un pc “tascabile” (oggi lo è in effetti).

Tornando alla neo-nata Kalq, il principio portato avanti dal gruppo dei ricercatori coinvolti è che la pratica della scrittura sui nuovi dispositivi abbia modificato le nostre abitudini inducendo una scrittura con i due pollici (e ahi!, per coloro che come me usassero gli indici).

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