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17 Anni 4 Mesi fa #78759 da Cami
IMPORTANTE! è stato creato da Cami
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dal sito de "l' espresso" :

Università senza un euro
di Roberta Carlini

Con un comma nella finanziaria Tremonti taglia i fondi per gli atenei. A cui però viene data una nuova possibilità: trasformarsi in fondazioni per farsi finanziare dai privati e dalle banche. Funzionerà?

Non era mai successo nella storia della più antica università occidentale. Lunedì 21 a Bologna si riuniranno, in assemblea straordinaria, gli stati maggiori di tutti gli atenei dell'Emilia Romagna. Oggetto: l'ennesima rivoluzione dell'università, introdotta da un comma del decreto legge Tremonti sulla finanza pubblica.

Quello che lascia a secco, di qui al 2012, il fondo statale di finanziamento dell'istruzione universitaria dando agli atenei in cerca di risorse solo una scappatoia: trasformarsi in fondazioni di diritto privato e ricevere donazioni esentasse, sul modello delle charities americane. Ma mentre contro i tagli e il blocco delle assunzioni c'è rivolta generalizzata nell'accademia italiana, sul modello-charity qualcuno comincia a fare un pensierino. Guardando, più che all'impresa privata italiana, assai avara nella spesa per la ricerca, soprattutto ai tesoretti depositati in altre fondazioni: quelle bancarie.

Tra le prime a muoversi, ci sono le università più piccole ma dinamiche. Come quella di Trento, che attualmente prende solo il 55 per cento dei suoi fondi allo Stato, a cui si aggiunge una buona fetta (il 21 per cento, 30 milioni all'anno) proveniente dalla benestante provincia autonoma in cui risiede, e un altro 10 per cento da finanziamenti europei e di industrie private. "Cari colleghi, parliamone senza preclusioni ideologiche", ha scritto in una lettera ai dipendenti il rettore Davide Bassi. Che non è tenero verso la manovra Tremonti-Gelmini: "è un massacro, che taglia i fondi per tutti, a prescindere dal fatto che abbiano o meno i conti in ordine", dice. In particolare, aggiunge, il blocco del turn over (si potranno sostituire solo al 20 per cento i prof che vanno in pensione), "per noi è un rischio mortale".

Ma non è solo per la possibilità di aggirare questi vincoli che il rettore di Trento apre alle fondazioni. "Oltre che di mancanza di fondi, l'università italiana soffre perché non sa gestire bene la sua autonomia e non ha flessibilità di gestione, ad esempio nel reclutamento dei docenti e nella loro valutazione". Ma attenzione: su questo il decreto non dice niente. E poi: "Un modello di gestione privatistico e aperto all'esterno va bene, ma nessuna università può vivere senza la garanzia di un capitale o di un flusso di finanziamenti pubblici". Sul fatto che l'impegno finanziario pubblico non debba scendere concordano tutti, favorevoli e contrari all'apertura alle fondazioni. Mentre nel disegno di Tremonti la premessa è proprio nei tagli: a regime, verranno a mancare al sostentamento delle università 1,2 miliardi di euro all'anno.


Contro questa cura da cavallo, nella calura delle sessioni estive si stanno mobilitando tutte le università italiane, capitanate dalla Crui, la Conferenza dei rettori. Protesta Palermo. Vota una mozione durissima il senato accademico di Firenze. Si ribellano compatte le università del Friuli Venezia Giulia, compresa la prestigiosa Sissa, contro "il disimpegno dello Stato" dall'università. Si riuniscono in plenaria i senati accademici abruzzesi.

Si mobilita La Sapienza di Roma: in un comunicato addirittura paventa che "in queste condizioni non sarà possibile dare inizio al prossimo anno accademico". Una situazione drammatica, che mette a rischio molte delle 77 università italiane e delle loro ben 350 sedi. Alcune si preparano a una mobilitazione a oltranza, e ritengono che, rispetto all'emergenza economica, la leggina sulle fondazioni serva meno di un'aspirina. Altre, prevedendo i tempi magri, hanno messo al lavoro giuristi ed esperti sul modello-charity. Tra queste i politecnici, che già sono in prima fila nei buoni rapporti con le imprese private.

"Nel futuro la fonte dei finanziamenti non potrà essere solo il governo centrale, questa tendenza è ormai evidente", dice Francesco Profumo, rettore del Politecnico di Torino. è consapevole del fatto che la sua università è "un'anomalia", ricevendo solo un terzo dei suoi soldi dallo Stato, superato nei finanziamenti da fondi europei e regionali. "Il vantaggio evidente delle fondazioni per ora è solo quello fiscale: è difficile dare un giudizio su una norma così poco dettagliata", dice. E però: ben venga un "dibattito ampio" per cambiare i metodi di finanziamento e funzionamento delle università: "Io vedo un modello in cui ai flussi statali, che devono essere programmati, si aggiunga una legge regionale, i fondi dei privati per progetti specifici messi in competizione, e un forte ruolo delle fondazioni bancarie".

La regione per gli investimenti, la Compagnia San Paolo e la Fondazione Cassa di Risparmio di Torino per i finanziamenti cash: la discussione sotto la Mole è già molto avanti. E prelude a un 'federalismo universitario' che farà storcere il naso a tanti atenei grandi e piccoli del Sud: ma "non possiamo pensare che tutte le università italiane siano uguali, tutte facciano ricerca, e tutte le sedi aperte in modo spesso eccessivo debbano restare come sono".

Non è un caso che, a Torino come a Milano come in Emilia Romagna, si guardi alle fondazioni bancarie, che sono tenute per statuto a spendere (anche) in ricerca sul territorio. Mentre dal fronte delle imprese private il piatto piange. Persino nelle isole felici dei politecnici, non è che le imprese brillino: a Torino i contributi dei privati coprono il 20 per cento del budget, non molto di più arriva dalle imprese al Politecnico di Milano, mentre nella media nazionale la quota dei privati è solo dell'8 per cento. "Pensare che correranno a portarci soldi solo perché diventiamo fondazioni, sarebbe da pazzi", commenta Marco Pacetti, rettore dell'Università Politecnica delle Marche, che fa notare come già adesso le università possano cercare e ricevere finanziamenti privati: la norma sulle fondazioni, a suo avviso, è "solo un totem ideologico, messo lì senza curarsi del quadro complessivo.

E poi, siamo seri, non si fa una riforma epocale con un articoletto di un decreto legge". Concorda Patrizio Bianchi, rettore a Ferrara, che sulla questione ha aperto un dibattito pubblico (leggibile in Rete) nella sua università: favorevole in linea di principio al modello-charity, Bianchi mette però in chiaro che, "così com'è scritta, la legge non va". Soprattutto perché niente garantisce che con le fondazioni cambi davvero il sistema di governo degli atenei. Sul punto, l'economista Roberto Perotti, della Bocconi, è caustico: "Succederà proprio come per le fondazioni bancarie, sarà opportunità di clientela per i notabili locali". Parere opposto a quello di Massimo Egidi, rettore della Luiss secondo il quale "la necessità di aprirsi al mondo esterno, all'impresa e all'economia, proteggerà dal rischio che si formi un board di politici bolliti".

Oltre alle regole su chi comanderà in ateneo, è oscuro anche il 'come': in particolare, ci si chiede se i prof saranno reclutabili 'all'americana', con contratti di mercato, oppure resteranno i vecchi concorsi. Il presidente della Crui Enrico Decleva chiede precise garanzie "sullo status giuridico dei docenti, oltre che sui flussi finanziari e sulla funzione pubblica delle università, per cui va finanziata anche la ricerca ritenuta economicamente non produttiva". Mentre secondo i fan del modello americano è proprio la liberalizzazione dei contratti dei docenti a fare la differenza: "Se c'è libertà di fare i contratti, di scegliere e premiare i migliori, c'è un cambiamento, altrimenti no", commenta Bruno Dente, economista del Politecnico di Milano. Ma questo dettaglio, non di poco conto, non è scritto nella legge.

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17 Anni 3 Mesi fa #78791 da Michela
Risposta da Michela al topic IMPORTANTE!
Aspettiamoci un sensibile aumento delle tasse...

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17 Anni 3 Mesi fa #78796 da claudia massaro
Risposta da claudia massaro al topic IMPORTANTE!
Il mio portafoglio già trema...

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17 Anni 3 Mesi fa #78800 da Fabio Di Venuta
Risposta da Fabio Di Venuta al topic IMPORTANTE!
avevo letto del taglio dei finanziamenti.
Secondo me stavolta si tratterà di un aumento più consistente di quello degli scorsi anni. Ciò non toglie che da quando sto all'università l'iscrizione è aumentata (soprattutto la seconda rata) di circa 200 €. Peggio degli strozzini.

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