Di Veronica Adriani su Mercoledì, 27 Febbraio 2013
Categoria: Si inizia!

Di eloquenza, ideali e di altre sciocchezze

Doverosa premessa: non mi piace parlare di politica in contesti in cui non è necessario farlo. D’altro canto la mia coscienza non mi permette di trincerarmi in un giorno così importante dietro un silenzio irreale, tornando domani a postare poesie, canzoni, foto, boutade. La politica è parte della vita, siamo noi: per una volta posso fare un’eccezione.

In questi due giorni di fervore elettorale, come sicuramente molti di voi, ho letto, ascoltato e visto di tutto: editoriali,  vignette, pronostici di mesi fa (più o meno azzeccati), tweet, stati di Facebook, discussioni che mi hanno vista come protagonista o come spettatrice.

Tralasciando i commenti della stampa italiana ed estera, alcuni dei quali assolutamente preziosi, una cosa mi ha colpita più del resto: sono tanti gli italiani che tra ieri ed oggi si sono dichiarati “a lutto”. Le motivazioni sono le più varie, più o meno condivisibili. Io, personalmente, anche se non l’ho fatto prima, mi dichiaro ora a lutto solo per quanto segue.

Sono a lutto perché sono disorientata. Perché nel mare magnum della campagna elettorale culturalmente più povera della storia d’Italia non ho trovato contenuti chiari, ma solo slogan acquosi e indistinti. Una pochezza intellettuale estrema, nei dibattiti, nei manifesti, nei programmi, nei modi di comunicarli. Non solo un’assenza di verità, che pure sarebbe legittimo pretendere da chi si professa buon amministratore della cosa pubblica, ma un’incompetenza comunicativa di fondo, un’autoreferenzialità costante e costantemente vuota. Una retorica fatta di urla anziché di parole, segno che l’arte oratoria (e la capacità persuasiva, di conseguenza), è evidentemente cambiata, insieme ai tempi, nei modi e nelle forme.

Comunque si sia votato, comunque la si pensi, qualunque sia il risultato di queste elezioni per ciascuno di noi, credo che sia la morte della politica per come l’hanno conosciuta i nostri padri e i nostri nonni. Quella “partigiana” nel senso più puro del termine, quella che ha ispirato il Don Camillo di Guareschi. Quella che trovava impensati punti di accordo partendo da posizioni distanti e passando per discussioni accese. Credo, in sostanza, che sia la morte delle ideologie e delle differenze: la morte dei messaggi.

Qualunque generazione “anziana” è convinta che i giovani della sua epoca non abbiano ideali. Beh, signori, questa è la novità: gli adulti non sono da meno. Neanche quelli che di mestiere gli ideali, anche solo in apparenza, dovrebbero averli. E, cosa che più interessa a noi cultori della parola, saperli esprimere e diffondere.

È triste accorgersi che il paese dell’eloquenza non ha più una grande eredità da lasciare. Ma è ancora più triste sapere che qualunque sia la traccia di questo destino ingarbugliato, molti della mia generazione - compresi i molti miei amici espatriati ormai da anni verso altri lidi - la seguiranno da chilometri di distanza.

E per questo, scusate, resterò a lutto ancora per un bel po’. 

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